L’AQUILA Non c’era soltanto Michele Zagaria. Anche il super pentito Antonio Iovine aveva messo le mani sulla ricostruzione dell’Aquila, non immaginando, ironia della sorte, che di lì a poco sarebbe stato ospitato nel carcere della stessa città, decidendo pure di collaborare. Lo ha rivelato uno dei collaboratori di giustizia finiti nell’indagine dello Scico di Roma e del Gico dell’Aquila, che ha portato all’arresto di sette imprenditori con l’accusa di estorsione aggravata dalla modalità camorristica. Una rivelazione che, alla luce della volontà del boss dei casalesi di pentirsi, potrebbe aprire nuovi scenari investigativi. A raccontare gli interessi sulla città di Iovine, il collaboratore Salvatore Venosa. L’uomo ha raccontato senza mezzi termini che «del terremoto all’Aquila... è una cosa che vedevano Michele Zagaria e Antonio Iovine, con le loro imprese, con le loro ditte...». Lo stesso Venosa, dopo aver visto un filmato, riconosce l’imprenditore Alfonso Di Tella, arrestato e impegnato nella ricostruzione di alcuni edifici privati, uomo legato al clan del Casalesi, ovvero ai due boss della Camorra. Famiglia Di Tella che era rientrata in una lista (compilata da Iovine e Zagaria ex primule rosse della criminalità organizzata) di imprenditori intoccabili.
Intanto, com’era nell’aria, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, nell’interrogatorio di garanzia, gli imprenditori finiti in carcere: i tre componenti della famiglia Di Tella e Michele Bianchini di Avezzano. «La copia degli atti verrà consegnata a noi difensori nella prossima settimana inoltrata - ha detto l’avvocato Massimo Carosi, legale di fiducia della famiglia Di Tella, insieme agli avvocati Antonella Pellegrini e Guido Perfetti -. Le copie, come ci è stato detto dalla stessa cancelleria del Gip, cominceranno a essere riprodotte nella giornata di lunedì. L’ordinanza l’ho letta, io non ho nessuna idea nel senso che i reati contestati sono di una gravità assolutamente consistente e inaudita rispetto alla piazza in cui io normalmente opero ma il fatto che vi siano così gravi contestazioni ovviamente è tutto da verificare. Se vogliamo ragionare all’impronta, come voi avrete sicuramente letto, nell’ordinanza di custodia cautelare, non ci sono riscontri effettivi di collegamenti organici con associazioni criminali, organici intendo che faccio parte di questa organizzazione, ovvero la favorisco come concorrente esterno il che è già parecchio. Esiste un collegamento ipotizzato, ai sensi di un articolo sulle associazioni criminali che consisterebbe nell’aver agevolato. In che cosa consista questa agevolazione però dalla lettura anche approfondita della ordinanza di custodia cautelare non è dato capire».