Crolla il potere d’acquisto delle famiglie italiane secondo le organizzazioni dei consumatori. La Cgil chiede al governo di estendere il bonus Irpef a chi è in quiescenza
I pensionati italiani sono i più tartassati d’Europa. Dal 2008 ad oggi il loro potere d’acquisto ha perso oltre 1.400 euro (1.419 euro). Lo afferma il presidente della Confesercenti Marco Venturi calcolando «oltre 118 euro in meno al mese sottratti ai consumi e ai bilanci delle famiglie. Che sempre più spesso sono sostenuti dai pensionati, diventati durante la crisi pilastri del welfare familiare». «Siamo l’unico Paese - prosegue Venturi in occasione di un incontro della Fipac-Confesercenti a Brindisi - dove i pensionati pagano in proporzione più tasse di quando erano attivi». E l’extraimposta è più forte tanto più la pensione è bassa: 72 euro per una pensione pari a tre volte il minimo e 131 rispetto alle pensioni d’importo inferiore, denuncia Venturi. Nel resto d’Europa avviene il contrario e il confronto è dirompente: il prelievo è triplo rispetto a un inglese, quadruplo su un francese, senza paragone rispetto a un tedesco: si va dagli oltre 4mila euro sopportati dal pensionato italiano ai 39 a carico del pensionato tedesco. Concorda il sindacato dei pensionati Cgil. La leader nazionale dello Spi chiede con forza al governo «di confermare l’intenzione più volte annunciata di dare anche a loro il bonus fiscale di 80 euro e tutelare nel tempo il loro potere d’acquisto. Per rilanciare i consumi ma soprattutto per una questione di giustizia sociale». La caduta del potere d’acquisto delle pensioni ha contribuito a far crollare il potere di acquisto delle famiglie del 13,6 % dal 2008. Cos?ì Adusbef e Federconsumatori commentano i dati di Confesercenti aggiungendo che questo ha comportato «una forte contrazione del mercato solo nel biennio 2012-2013 dell’8,1%, pari alla colossale cifra di 58 miliardi di euro. Tutto ciò ha provocato ovviamente chiusure, licenziamenti e cassa integrazione». Ma non sono solo i pensionati a piangere per l’erario. «Le imprese italiane pagano la bellezza di 110,4 miliardi di tasse l’anno. In Europa - afferma la Cgia - solo le aziende tedesche pagano in termini assoluti più delle nostre, ma la Germania conta oltre 20 milioni di abitanti in più dell’Italia». Anche i livelli di tassazione incidono sull’inarrestabile emorragia di negozi, attività turistiche, manifatturiere, di servizi: nei primi cinque mesi dell’anno - segnala infatti l’Osservatorio dell’Ufficio Studi di Confcommercio - il numero di imprese che cessano l’attività continua a essere superiore a quello di nuove iscrizioni. In pratica per ogni nuova apertura ne chiudono due. Tra i comparti, a registrare il saldo negativo peggiore (da -7.612 a -7.752), sono le attività di alloggio e ristorazione, un assurdo per un paese a forte vocazione turistica come l’Italia. Per il resto delle imprese del terziario di mercato, anche se il saldo tra aperture e chiusure continua ad essere negativo, si registra un leggero rallentamento rispetto all’anno scorso (-52.716 unità contro -55.815 dei primi 5 mesi del 2013). «Dati che confermano, da un lato, il persistere di una fase di debolezza del ciclo economico e l’assenza di concreti e significativi segnali di ripartenza - dice la Confcommercio - dall’altro, evidenziano come le imprese, nonostante le difficoltà legate a una domanda interna stagnante, all’elevata pressione fiscale, a un limitato accesso al credito, ai mancati pagamenti dei debiti della P.a, riescono a contenere gli effetti del protrarsi della crisi». Non però il Mezzogiorno che fa passi indietro.