L’AQUILA Giuseppe Di Pangrazio presidente del consiglio regionale. E fin qui, era tutto scritto: 25 voti bipartisan più 6 schede bianche dei grillini. I guai arrivano a ruota, quando sulle vice presidenze si innesta la prima tensione, quella con Cinque Stelle che reclama una carica. C’è anche una sospensione da mezzogiorno dove il quarto d’ora diventa un’ora con coda di velenosi interventi in aula. Prima Mauro Febbo («Siamo la coalizione più importante dopo quella che ha vinto») poi Camillo D’Alessandro che tenta di smussare («Modificheremo lo statuto per soddisfare lo schieramento tripolare») e infine Sara Marcozzi («Noi siamo il secondo partito»).
Alla conta dei voti matura l’«aiutino» del Pd a Paolo Gatti vicepresidente, mentre Lucrezio Paolini, Idv, era scontato. Oltre ai sette del centrodestra, il teramano incassa altri tre voti del Pd. Per M5S, che proponeva Mercante, è un «inciucio» bello e buono, per Febbo è semplicemente «la forza delle nostre candidature». In realtà l’accordo sottobanco c’è stato e ha portato sulla scia anche i due segretari, eletti di lì a poco: Alessio Monaco, Regione Facile, per il centrosinistra e Giorgio D’Ignazio, Ncd, per il centrodestra. Terzo incomodo, sempre targato M5S, stavolta era Ranieri. Si temeva qualche mugugno di Abruzzo civico ma la lista di Borrelli avrà la presidenza della Commissione Sanità.
L’ATTACCO FRONTALE
Il vero scontro frontale matura durante il discorso programmatico di D’Alfonso quando il M5S diserta l’aula. «E' lo stupro della democrazia della rappresentatività, l’inciucio continua», dicono abbandonando l’aula i sei grillini. «Teniamo la schiena dritta», dice Sara Marcozzi, e insiste sulla necessità che «nella presidenza le forze di opposizione debbano essere equamente rappresentate. Ma a nulla è valso parlare». «Il Pd è corso in aiuto a Forza Italia pur di non far votare nessuno di noi. Ancora una volta, come al Governo, sono divisi in campagna elettorale, ma saldamente uniti per accaparrare poltrone e indennità -incalza Marcozzi- Ma non faremo ritorsioni, nonostante la grave mancanza di rispetto». «Noi non miriamo alle poltrone, avremmo rinunciato all’indennità aggiuntiva -dice Gianluca Ranieri- Avremmo lavorato di più e guadagnato lo stesso». «Noi siamo qui solo per rappresentare i cittadini e lavorare per loro», dice Pietro Smargiassi. Di Pangrazio, in un’occasione, è stato invece costretto a interrompere, da regolamento, l’applauso partito in aula per la Marcozzi. «Ora aspettiamo la votazione sulla presidenza della Commissione di Vigilanza -chiude la Marcozzi- se non la daranno a noi, saremo in dittatura». Per la cronaca, Febbo ha già messo le mani avanti proponendo Sospiri.
Sull’incidente ritorna a neanche un’ora dalle parole grosse Camillo D’Alessandro del Pd per «ribadire che, con uno schieramento tripolare serve in tempi immediati una riforma dello statuto prevedendo che ci sia un terzo segretario. Va replicato in linea di principio quel che è successo al Senato per dare diritto di rappresentanza a Cinque Stelle. Questa cosa io la proposi anche nella precedente legislatura quando il terzo soggetto era l’Udc ma poi non se ne fece nulla. Sottolineo che le indennità complessive dei tre segretari saranno identiche a quelle dei due attuali. Non ci saranno ulteriori spese».