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Pescara, 24/11/2024
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Data: 01/07/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
D’Alfonso: «Subito la Fondovalle Sangro». Il governatore e il discorso di insediamento

L’AQUILA C’è un segno della croce nascosto prima del momento più atteso della seconda vita di Luciano D’Alfonso, quella che inizia alle 13.38 del 30 giugno 2014 quando in un Emiciclo stragonfio e accaldato il neogovernatore prende la parola per raccontare all’Abruzzo la sfida della «sua» Regione e, sottesa, anche quella sua personale. «Ero emozionato - spiegherà poi - e ho chiesto la lucidità giusta».
Adesso che le luci si sono spente sul debutto della X legislatura dell’Abruzzo, si può dire: D’Alfonso è stato lucido e più delle parole ha convinto il linguaggio del corpo, delle mani in particolare che hanno raccontato di entusiasmo ed energia. Al punto che, un’ora dopo, alla fine, i sei assessori ai lati finiscono quasi schiacciati sulle ali. In mezzo, D’Alfonso si è fatto largo, pesce nell’acqua, dopo un’ora di orazione tesa ed erudita in qualche tratto enfatica, secondo tradizione del personaggio. Chiodi lo bolla come «promozionale» (le repliche sono attese nella seduta della settimana prossima) ma ci sono un paio di cose nuove e concretissime rispetto agli slogan liturgici della campagna elettorale incastonate in un discorso più da manager che da politico anche se la trasversalità democristiana che lo caratterizza è emersa un po’ ovunque.
Un discorso di vision, di obiettivi: a volte alti («velocizzare la linea ferroviaria adriatica per arrivare all’alta velocità»; «la Pescara-L’Aquila sui binari in un’ora e un quarto»), a volte utopici («50 mila nuove imprese nei prossimi 5 anni»). Ma la vision, managerialmente, è questo e D’Alfonso lo dice a un certo punto, battendosi la mano aperta sul petto: «Dobbiamo puntare allo sviluppo più alto possibile del nostro progetto». Il progetto è semplice: «lavoro e imprese, formazione, cure e premura». Tradotto: la vita dell’impresa da rilanciare a qualsiasi costo «salvo rovinare quel giacimento di bellezze che Dio ci ha dato» perchè solo così ci sarà lavoro, poi cultura e università da mettere a sistema e sanità territoriale.
LE DUE NOVITA’

Nella parte di politica economica D’Alfonso rilancia l’idea delle zone franche fiscali da subito senza finire nelle sabbie mobili degli aiuti di Stato perseguiti dall’Europa: per L’Aquila ma non solo. E poi, nella legge obiettivo per le infrastrutture, la priorità delle priorità: completare la Fondovalle Sangro «perchè l’abbiamo promesso a Marchionne». E’ un’ammissione postuma di colpa politica collettiva: il territorio abruzzese della grande industria, il motore (in tutti i sensi) dell’economia locale, è stato dimenticato. D’Alfonso parla anche di banda larga (altro delitto permanente in Val di Sangro e non solo) sottolineando però che tutte le infrastrutture hanno dignità solo se «progettate, finanziate, cantierate, completate e inaugurate»: per la Fondovalle Sangro l’appuntamento è il 4 luglio con il presidente dell’Anas.
LA STOCCATA E LE CITAZIONI

L’altro lato sostanziale del discorso verte sul «metodo», sull’abito che la sua Regione, intesa come macchina burocratica ma anche politica, deve indossare da subito. Intanto, «la programmazione non può essere un rito appaltato a Sorgi (il direttore d’area plenipotenziario di Chiodi, ndr) ma uno spirito culturale» dice D’Alfonso tenendo le mani come se avesse una sfera di cristallo, il cuore di tutto. E ancora, battendo le mani in orizzontale, rivolto ai dirigenti: «Una cosa mi fa paura, è come se avessimo cartolarizzato le competenze, portato fuori dai nostri uffici quello che è nostro dovere. Nelle stanze qui vedo gladiatori. Non siamo un cotonificio dove si fa solo un piccolo pezzo della produzione. Noi faremo tutto il lavoro che serve». «Dobbiamo recuperare quello che ci è scappato di mano: l’ambizione». Cita i padri dell’Abruzzo in molti settori, da Spaventa a Delfico, quasi evocando uno spirito pionieristico smarrito da tempo, arrivando anche, nel percorso a ritroso, fino alla saggezza egizia di 4450 anni fa. «Più che proporre soluzioni a chi comanda si chiede si ascoltare». Ce ne sarà bisogno: i grillini abbandonano l’aula all’inizio del suo discorso e nella stanza accanto parlano di «stupro alla democrazia». Non è proprio il dialogo «competitivo» con le opposizioni che il governatore auspica.

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