di MAURO TEDESCHINI C’è stato un tempo, quando credevamo di essere ricchi (in realtà facevamo solo una montagna di debiti), in cui la politica si permetteva qualsiasi capriccio. Il nuovo sindaco di una città ereditava una certa opera incompiuta dal suo predecessore? Via tutto, a favore di un’altra memorabile intrapresa da lasciare a sua volta a metà. E’ così che l’Italia, e l’Abruzzo nel suo piccolo non è stato da meno, si è riempita di cantieri mai finiti, diventati col tempo veri e propri vergognosi obbrobri. Ci si giustificava dicendo: fare e disfare è tutto un lavorare, con l’illusione di muovere l’economia con questa maionese impazzita. Oggi sappiamo di avere le pezze al sedere, ma non abbiamo perso il vizietto di ricominciare ogni volta daccapo. Non ci si rende conto che c’è una continuità amministrativa con chi è venuto prima e che c’è l’obbligo, economico e morale, di portare a termine quel che si è iniziato, a meno che si tratti di scempi indifendibili. Il caso di Pescara, da questo punto di vista, rischia di essere paradigmatico: la nuova amministrazione ha ereditato una serie di opere che attendono di essere completate. Roba talmente vecchia che non ci si ricorda neppure più se a iniziarla è stata la Destra o la Sinistra. Parliamo per esempio della Filovia da Montesilvano, sulla Strada Parco, piuttosto che del cantiere per pedonalizzare Corso Vittorio. Scelte discutibili, intendiamoci, ma per le quali si sono spesi un sacco di soldi e che, in caso di abbandono, darebbero anche origine a interminabili contenziosi. Non si può più scherzare con i soldi dei cittadini, né è tempo di piccole vendette nei confronti di chi ieri stava al potere e oggi abbassa la cresta perché sconfitto dal voto, per quanto arrogante possa essere stato. Capito? Buona domenica a tutti.
(*) Direttore quotidiano "Il centro"