PESCARA Si discuterà l’8 ottobre al Tar dell’Aquila il ricorso per l’annullamento delle elezioni regionali del 25 maggio scorso. Il ricorso è stato presentato dall’ex governatore Gianni Chiodi, dall’ex presidente del consiglio regionale Nazario Pagano e dagli ex consiglieri Nicoletta Verì, Alessandra Petri, Carlo Masci. I ricorrenti, che annunciano la presentazione di una querela di falso nell’udienza di ottobre, contestano soprattutto l’illegittimità dell’ammissione delle candidature di Luciano D’Alfonso e delle liste collegate perché «i nomi dei candidati sarebbero stati trascritti successivamente alle firme degli elettori presentatori». I ricorrenti rilevano in particolare un «difetto di compatibilità cronologica» , notando che «tutti i collegamenti recano la data del 24 o 25 aprile 2014» mentre le firme sarebbero state apposte prima della dichiarazione di apparentamento. Nè può valere, dicono i ricorrenti, il fatto che D’Alfonso abbia fatto una «laconica» dichiarazione di collegamento qualche giorno prima, senza peraltro che i rappresentanti delle liste interessate formulassero prima o contemporaneamente una dichiarazione di collegamento a D’Alfonso, dato che la norma, precisano gli avvocati dei ricorrenti Alessandro Piccinini e Leo Nello Brocchi, stabilisce che «il patto di coalizione è reso con dichiarazioni convergenti». Altri rilievi riguardano la lista del partito socialista Italiano che manca delle firme dei presentatori, passaggio necessario secondo i ricorrenti, dato che il Psi non ha gruppo autonomi costituito nè in Parlamento nè in Consiglio regionale. E infatti per il Psi, notano i ricorrenti, «ha fatto dichiarazione esonerativa un esponente del Sudtirolen Volkspartei». Nel ricorso sono evidenziati altri vizi di nullità per singole liste come Italia dei Valori di Chieti («priva di delega al soggetto presentatore»), Centro democratico per la lista di Teramo, Abruzzo Civico e Valore Abruzzo. Una parte del ricorso riguarda problemi di corretta applicazione della legge elettorale regionale che i ricorrenti considerano di difficile interpretazione e con difetto di costituzionalità (e vada che gli stessi che oggi la bocciano l’hanno difesa, votata e approvata un anno fa). In particolare i ricorrenti sottolineano una «idiosincrasia costituzionale» tra la legge regionale e la legge nazionale (la cosiddetta Tatarella) nel sistema di assegnazione dei seggi. Tanto è vero, esemplificano, che la coalizione di Chiodi ha ottenuto gli stessi seggi del Movimento 5 Stelle nonostante gli oltre 52 mila voti in più.
L’8 ottobre davanti al Tar dell’Aquila si discuterà, assieme ai ricorsi di Chiodi e Pagano, anche il ricorso del candidato del Partito democratico Antonio Innaurato. Candidato nella circoscrizione di Chieti Innaurato era stata inizialmente dato per eletto come undicesimo Pd. Successivamente il suo nome venne depennato dagli eletti per effetto del riconteggio dei voti obbligato d a un errore materiale dell’ufficio elettorale provinciale di Teramo che sbagliò a trascrivere le preferenze della lista Regione facile. Al posto di Innaurato venne dichiarato eletto sempre nella circoscrizione di Chieti il candidato di Regione facile Alessio Monaco