PESCARA La Procura di Pescara chiude ufficialmente il procedimento sui rimborsi per le spese per missioni istituzionali in Italia e all'estero, di presidente, assessori e consiglieri regionali e spedisce 25 avvisi di conclusione delle indagini a tutti i personaggi inizialmente indagati, confermando in toto l'impianto accusatorio e senza disporre stralci e archiviazioni. E' l'ultimo passaggio formale prima della richiesta di processo.
LA RICHIESTA DI PROCESSO
L'inchiesta, che esplose ufficialmente a qualche mese di distanza dalle elezioni regionali, coinvolge un po' tutti: dall'ex governatore Gianni Chiodi, all'ex presidente del consiglio regionale Nazario Pagano, passando per assessori e consiglieri regionali. I reati ipotizzati restano gli stessi dell'informazione di garanzia e vanno dalla truffa aggravata al peculato, al falso ideologico e riguardano un periodo temporale che va dal 2009 al 2012. La cifra della presunta truffa accertata dai carabinieri che hanno condotto le indagini coordinate dai magistrati Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli, è di circa 80 mila euro. Di questi circa 29 mila vengono contestati al solo ex presidente Chiodi.
LA PRIMA TRANCHE
Si tratta della prima tranche dell'inchiesta sull'uso dei soldi del consiglio regionale, cui seguirà quella sui rimborsi ai gruppi che è in fase di definizione. Un piccolo terremoto giudiziario che fece il giro d'Italia visto che dalle indagini, emersero delle situazioni particolari. E cioè che alcuni degli indagati, primi fra tutti Chiodi e Pagano, in questi viaggi istituzionali per i quali avrebbero chiesto i rimborsi, erano accompagnati da donne diverse che nulla avevano a che fare con le istituzioni, ma che dormirono nelle stesse stanze di alberghi a cinque stelle, con le relative spese a carico della Regione. Nel febbraio dello scorso anno, quando esplose il caso (che peraltro aveva già visto l'intervento della magistratura in altre regioni italiane), i protagonisti vennero raggiunti da un avviso di garanzia con contestuale citazione a comparire davanti ai magistrati per fornire spiegazioni.
LA REPLICA DEGLI INDAGATI
La ricostruzione dei fatti e delle circostanze fatte dai magistrati e dai carabinieri (che effettuarono un lavoro certosino in ristoranti e alberghi per verificare la presenza di persone estranee in questi viaggi istituzionali che dovevano essere riservati ai soli politici) vennero contestate da tutti gli indagati che sottolinearono la correttezza del loro comportamento, scaricando molte delle presunte responsabilità sugli uffici contabili e sulle loro segreterie che, a dir loro, si sarebbero preoccupati delle questioni squisitamente formali. Fra le spese contestate ci sono anche biglietti aerei pagati in business class a parenti (come nel caso di Chiodi che portò la moglie in viaggio all'estero: l’exl governatore sostiene di aver saldato i conti sette mesi dopo), hotel di lusso quando avrebbero potuto soggiornare in hotel meno costosi e posti nelle immediate vicinanze degli hotel scelti, pranzi luculliani e costosissime bottiglie di vino come nel caso dell'ex assessore Luigi De Fanis che in una cena ordinò una bottiglia di Barolo da 95 euro. Ma le giustificazioni fornite dagli indagati durante gli interrogatori e le memorie depositate dai rispettivi legali (alcune di queste giunte peraltro in tardissimo ritardo) non hanno cambiato l'orientamento della procura che ha sostanzialmente mantenuto lo stesso impianto accusatorio senza cambiare una virgola rispetto alle originarie contestazioni. Gli avvisi di conclusione delle indagini riguardano, oltre ai citati Chiodi e Pagano, Alfredo Castiglione, Paolo Gatti, Mauro Di Dalmazio, Carlo Masci, Mauro Febbo, Gianfranco Giuliante, Federica Carpineta, Luigi De Fanis, Angelo Di Paolo, Lanfranco Venturoni, Riccardo Chiavaroli, Giorgio De Matteis, Emilio Nasuti, Nicola Argirò, Alessandra Petri, Antonio Prospero, Lorenzo Sospiri, Giuseppe Tagliente, Luciano Terra, Nicoletta Verì, Franco Caramanico, Cesare D'Alessandro e Carlo Costantini, questi ultimi tre consiglieri di opposizione.