PESCARA Che siano i 19 euro dell'ex consigliere regionale Alessandra Petri o i 24 mila euro dell'ex presidente Gianni Chiodi non importa. Per la Procura di Pescara i 25 indagati nell'ambito dell'inchiesta «Rimborsopoli» sulle presunte rendicontazioni gonfiate e non consegnate sono tutti responsabili di quel «malcostume assurto ormai a normalità» che a gennaio ha fatto letteralmente esplodere la ormai ex Giunta regionale polverizzata, o quasi, quattro mesi dopo quando gli abruzzesi sono stati chiamati al voto.
L'indagine, in sostanza, si chiude esattamente così come era iniziata confermando l'impianto accusatorio sciorinato nelle 255 pagine dell'informativa consegnata dai carabinieri ai pm Giuseppe Bellelli e Giampiero Di Florio sei mesi fa: Chiodi, l'ex presidente del Consiglio regionale Nazario Pagano, l'ex vicepresidente Alfredo Castiglione, l'ex assessore all'Agricoltura Mauro Febbo e altri 21, tra ex assessori ed ex consiglieri, devono rispondere tutti di peculato, truffa e falso ideologico. Cene, alberghi a cinque stelle e pernottamenti con parenti amici ed amanti in Italia e all'estero hanno in realtà trasformato in men che non si dica un'inchiesta sul presunto sperpero del denaro pubblico in quella del gossip da rivista patinata con personaggi pubblici impegnati a dare giustificazioni sulle loro notti galeotte piuttosto che sull'uso delle carte di credito fornite dalla Regione.
Se Chiodi si è ritrovato ad ammettere pubblicamente di aver passato una notte con quella che poi sarebbe diventata consigliera alle Pari Opportunità, Letizia Marinelli, dimostrando poi di aver però pagato di tasca sua la stanza, a suo carico gli episodi contestati restano comunque tanti primo tra tutti quel biglietto da duemila e 800 euro pagato alla moglie per un viaggio a Washington e registrato con il nome di lei sulla ricevuta della carta di credito. Non meglio è andata a Pagano e Castiglione con il primo habitué, secondo la Procura, delle «belle donne e degli alberghi a 5 stelle» e il secondo amante invece di «cene extralusso»come quella da oltre 200 euro a base di aragoste consumata nel ristorante «I due ghiottoni» di Bari. Per Febbo restano in piedi le contestazioni relative ai soggiorni al Vinitaly nel periodo del suo assessorato per le quali sarebbe arrivato a spendere, per il solo pernottamento, fino a 782 euro. Ci sono poi i viveur dell'ex Giunta regionale tra cui spicca certamente il nome di Mauro Di Dalmazio che in un viaggio istituzionale a Cernobbio avrebbe scalato «100 euro dalla sua carta di credito istituzionale per pagare quattro Campari orange e due bottiglie di vino bianco». Un'inchiesta, quella della Rimborsopoli abruzzese, che se vuole affermare il principio per cui, si potrebbe dire, non è la somma che fa il totale, si trova anche ad affrontare il paradosso per cui 5 dei 25 indagati occupano ancora le poltrone regionali. Questi, Chiodi e tutti gli altri personaggi di spicco della politica locale, secondo l'accusa, avrebbero abusato della formula «nell'espletamento delle loro funzioni” per coprire i loro «raggiri» trasformatosi improvvisamente, si legge nell'informativa dei carabinieri, in ricostruzioni «lacunose e caratterizzate da gravi e ampie amnesie». Le difese avranno ora 20 giorni per depositare le loro memorie prima che l'azione penale prenda pienamente forma.