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Data: 16/07/2014
Testata giornalistica: Il Tempo d'Abruzzo
«È vero. La mafia è arrivata all’Aquila». La presidente Rosy Bindi e la Commissione nel capoluogo abruzzese dopo gli arresti dei casalesi. Poi solito giro nel centro storico distrutto

L'AQUILA Uno dei tormentoni del post sisma è stato quello secondo il quale la tragedia del terremoto poteva rappresentare una grande opportunità. Per la rinascita di un territorio che già prima del 2009 era falcidiato dalla disoccupazione, per il rilancio del turismo montano, per la cultura della conoscenza e lo sviluppo dell'università e tante altre belle cose. Cinque anni e mezzo dopo quella notte la disoccupazione è a livelli da profondo sud, turismo e università stentano a trovare una collocazione degna nel panorama nazionale e ci si accorge che mancano regole e paletti fissi per ostacolare chi ha fiutato da subito il grande affare: le mafie. E a dirlo non è uno qualsiasi, ma la presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, ieri all'Aquila per fare il punto sulle ultime indagini della Direzione distrettuale antimafia che hanno portato ad arresti di imprenditori legati al clan dei Casalesi. «È un problema quello della mafia che esiste e non esisteva in questa terra, possiamo dire che il terremoto da una parte e scelte sbagliate sull'emergenza della ricostruzione hanno aperto la strada anche all'infiltrazione e all'insediamento della mafia. Questo va detto perché sarebbe ingiusto nei confronti dell' Abruzzo, della sua storia non datare con il terremoto e con gli sbagli che si sono fatti nella fase successiva, l'insediamento della mafia». L'annuncio di regole più ferree e stringenti, con particolare riferimento alla ricostruzione privata, sembra essere l'antidoto per curare la piaga della malavita organizzata che punta a mettere radici all'Aquila e nel cratere. Banca dati per avere trasparenza e chiarezza su ditte e operai che operano nei cantieri della ricostruzione, norme più rigide per i subappalti e maggiori controlli tra i lavoratori impegnati tra gru e ponteggi, finora troppo blandi come emerso anche dalle ultime inchieste della magistratura. Per Rosy Bindi «occorrono norme simili a quelle per la ricostruzione pubblica per quanto riguarda i subappalti. Io penso - ha aggiunto - che sia arrivato il momento di conferire lavori quando si conoscono i subappaltanti sia nel pubblico che nel privato, da subito, partire dalla fase progettuale, poi proibire il trasferimento degli incarichi perché anche questo si è dimostrata essere una strada pericolosissima in cui i malintenzionati si sono ben inseriti. Un altro aspetto molto importante è relativo a tutto il sistema dei controlli: l'accesso ai cantieri sia della ricostruzione pubblica che privata deve avere tutti gli strumenti necessari. L' ultimo caso che ci ha indignati di più, quello dello sfruttamento dei lavoratori, ci dimostra che tutto questo non può richiedere due anni di intercettazioni perché tutto questo sarebbe potuto essere possibile se ci fossero state queste regole, se ci fosse stata la possibilità di controlli non necessariamente attraverso le intercettazioni ma attraverso le forze dell'ordine». Eppure nella legge Barca, da molti considerata un vero e proprio punto di svolta per la ripresa dell'attività dei cantieri per la ricostruzione, alcune regole già erano state fissate (come la short list di cinque ditte tra i cui i committenti privati avrebbero dovuto scegliere quella a cui affidare i lavori) ma non sono state attuate. «Sappiamo che c'erano delle regole e che queste non sono state applicate - ha spiegato la presidente - Parleremo con i rappresentanti del territorio ed il sottosegretario Legnini per mettere a punto norme semplici ma efficaci che non rallentino i processi di ricostruzione in atto. Noi ribadiamo con forza che L'Aquila e tutto il cratere hanno diritto alla ricostruzione, hanno diritto a ricostruire il loro tessuto sociale ed economico hanno tutto il diritto a ritornare ad essere una città che guarda al futuro con la ricchezza di tutta la sua storia. Però è doveroso che il denaro pubblico venga speso bene e che ci siano i controlli adeguati».

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