PESCARA "Bene il presidio, molto partecipato, ma per conoscere i risultati di questa giornata bisognerà attendere le risposte del governo". E' Roberto Campo, segretario regionale della Uil, a riassumere il significato della manifestazione unitaria che ieri mattina ha portato nella Capitale migliaia di lavoratori provenienti da tutta Italia per chiedere lo sblocco delle risorse destinate alla cassa integrazione in deroga. In piazza Montecitorio c'era anche l'Abruzzo, rappresentato da circa 500 lavoratori giunti a Roma in pullman o con mezzi propri. Volti preoccupati, mescolati tra le bandiere di Cgil, Cisl e Uil. Padri di famiglia privati da sette mesi di qualsiasi sussidio, con le aziende in affanno che minacciano di licenziare. Per sbloccare la situazione e dare ossigeno almeno sino a fine anno a circa 15mila lavoratori in cassa integrazione in deroga o in mobilità, all'Abruzzo servono subito 82milioni di euro. Questa è la prima risposta attesa dai sindacati.
Il lavoro che non c'è, le aziende grandi e piccole in sofferenza. Un rito che si ripete dal 2008, quando la crisi internazionale ha iniziato a mordere in ogni settore: dalla grande industria ai servizi, all'agricoltura, facendo perdere alla regione 8 punti di Pil nel giro di pochi anni e centinaia di posti di lavoro. Una crisi che ha però assunto connotazioni diverse nelle quattro province, come spiega Roberto Campo: "Nel Teramano, dove è forte il settore del tessile, le difficoltà per le aziende sono iniziate prima del 2009 a causa della globalizzazione. Una crisi dove a pesare è stata più la concorrenza sui costi che il crollo della domanda. Il territorio di Chieti ha invece vissuto la crisi industriale classica, sul modello del Nord. L'anno nero per l'Automotive è stato il 2009, quando la Sevel è andata in affanno, anche se poi le cose sono migliorate».
Discorso ancora diverso per il Pescarese: «Anche qui - spiega il sindacalista - la crisi è arrivata molto presto, trascinando con sé da anni una situazione negativa. E' il territorio che soffre più di altri la frammentazione del suo tessuto economico, soprattutto nel settore del terziario e dei servizi. Un modello molto vicino a quello delle regioni del Sud». Discorso a parte per L'Aquila: «La provincia - ricorda Campo - che ha dovuto assorbire il colpo più duro del terremoto e del post terremoto».
Un'analisi confermata anche dagli ultimi dati Inps sugli interventi di Stato a sostegno del reddito. A Chieti la variazione delle ore di cassa integrazione autorizzate nel 2014 ha fatto segnare un - 12,5% rispetto al 2013. A L'Aquila - 24,7%. A Teramo -29,6%. A Pescara si passa addirittura al segno positivo, con un + 2%. Dati profondamente disomogenei si registrano anche sulla indennità di mobilità. Basta mettere a confronto il + 16,5% di Chieti con il - 16,7% dell'Aquila, e sulla disoccupazione non agricola: dal - 2% di Chieti al + 3,5% di Pescara. Un mostro, insomma, che in Abruzzo si presenta con tante teste.