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Data: 26/07/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Rosso record in vista per Alitalia, in 5 anni bruciati 1,4 miliardi. Sull’alleanza anche l’incognita delle due indagini Ue

La nuova Alitalia (nella foto l’ad Del Torchio) ha chiuso il peggior bilancio della sua breve storia, bruciando nel 2013 oltre un milione e mezzo di euro al giorno: il rosso all'ultima riga del bilancio, una perdita record intorno ai 569 milioni (che non è ancora ufficiale ma emerge solo da indiscrezioni), se confermato segnerà il peggior risultato per l'avventura tutta in perdita dei «capitani coraggiosi»: 1,412 miliardi bruciati in 5 anni. I bilanci tracciano la caduta libera della compagnia risorta con il Piano Fenice dalle ceneri della vecchia Alitalia, nata libera dai macigni del passato che soffocavano l'ex compagnia di bandiera: esuberi, debiti, aerei e attività da dismettere, tutto cancellato, lasciato in una bad company in liquidazione.
Il bilancio 2009 è la sintesi del primo anno di vita: la perdita è di 326 milioni, circa 800mila euro al giorno. Al 31 dicembre il debito è di 799 milioni. Dopo il primo esercizio da start up, nel secondo anno di vita la nuova compagnia sembrava aver invertito rotta verso l'ottimismo: ancora perdite, ma il rosso si riduce a 168 milioni. Nel 2011 iI conti restano in rosso ma migliorano ancora. La perdita è di 69 milioni, il debito a 854 milioni. Il rosso esplode nel 2012: rispetto all'anno precedente la perdita sale a 280 milioni: circa 765mila euro bruciati ogni giorno. Al 31 dicembre il debito sfonda quota un miliardo. Nel 2013 il tracollo. I conti semestrali - ultimo dato ufficiale - registrano una perdita già superiore a quella dell'intero anno prima: 294 milioni. Se sarà confermata, una perdita annuale di 569 milioni sarà poco oltre il doppio del rosso dell'anno prima.

Sull’alleanza anche l’incognita delle due indagini Ue

BRUXELLES. Sull’ingresso di Etihad in Alitalia continua a pesare la minaccia di un'inchiesta formale della Commissione europea. L'esecutivo comunitario ha avviato due indagini preliminari sulla compagnia italiana. Il commissario alla Concorrenza, Joaquin Almunia, sta verificando la compatibilità dell'intervento di Poste con le regole europee sugli aiuti di Stato. Il commissario ai Trasporti, Siim Kallas, sta tenendo d'occhio i termini dell’ingresso di Ethiad per essere certo che non eserciti un controllo di fatto su Alitalia, che sarebbe vietato dalle normative comunitarie. In entrambi i casi sono state alcune lettere di Lufthansa, British Airways e Air France-Klm a sollecitare la Commissione. Il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, negli ultimi mesi ha avuto almeno due incontri faccia-a-faccia con i commissari per rassicurarli. Ma, tra pressioni delle compagnie concorrenti e un pregiudizio negativo per i precedenti salvataggi, la Commissione potrebbe far scattare una duplice ghigliottina: chiedere la restituzione del capitale versato da Poste e vietare di fatto l'ingresso di Etihad minacciando di togliere la licenza europea a Alitalia.
LE RICHIESTE
L'intervento di Poste è stato oggetto di una richiesta di chiarimenti il 22 giugno, a cui l'Italia ha risposto con una lettera consegnata a mano da Lupi questa settimana. La Commissione aveva chiesto «una versione completa e non oscurata» del verbale del Cda di Alitalia dell'11 ottobre 2013, quando fu deciso l’aumento di capitale con l'intervento di Poste, e «una copia della fairness opinion predisposta dal Credit Suisse» sulla valutazione della compagnia. «Poste Italiane è un’azienda di Stato e dobbiamo verificare se la partecipazione si accorda con i principi di investimento del mercato», ha avvertito Almunia. Il sospetto è che Poste sia intervenuta su pressione politica per prolungare la vita di Alitalia, e non come un investitore razionale. Fonti comunitarie spiegano che «i servizi stanno analizzando» la lettera dell'Italia del 22 luglio. L’antitrust europeo potrebbe essere interessato anche agli effetti in termini di concentrazione. Ma un'eventuale richiesta di restituzione degli aiuti illegali non dovrebbe pregiudicare il futuro di Etihad-Alitalia. Il dossier nelle mani di Kallas è più insidioso per l'operazione. Un regolamento Ue obbliga le compagnie comunitarie a essere controllate, non solo di diritto ma anche di fatto, da una maggioranza europea. Pena la perdita dei diritti di volo nell'Ue. I grandi vettori europei – e i governi dei rispettivi paesi – stanno facendo pressioni per bloccare l'espansione delle compagnie del Golfo, che beneficiano di aiuti di Stato o di fondi sovrani. Il settore aereo europeo è «sotto grave minaccia» a causa delle «compagnie di paesi terzi sostenuto dai loro governi», hanno scritto Air France e Lufthansa in una lettera alla Commissione di giugno. Per Kallas, «le regole sono chiare: Alitalia deve rimanere in mani europee, così come il controllo». Tocca alle autorità italiane «assicurare il rispetto delle norme», ma la Commissione «può prendere misure per assicurare che le regole siano applicate». Un'inchiesta formale sulle partecipazioni di minoranza di Etihad in altre compagnie Ue – la tedesca Air Berlin, la svizzera Darwin e la serba Air Serbia – è stata lanciata a marzo e potrebbe essere allargata ad Alitalia.

Disgelo sul fronte delle Poste che lanciano una nuova offerta

MILANO C’è il voto a favore anche di Poste all’aumento di capitale fino a 250 milioni di Alitalia e questo può essere un segnale positivo sulla strada verso le nozze con Etihad, ancora segnata, però, dai problemi sindacali e dalle rigidità fra le banche (specie Unicredit) e Poste. L’operazione, strutturata come equity committment (impegno a versare i soldi nel caso fosse necessario), è stata approvata a larghissima maggioranza dall’assemblea riunita ieri a Roma e durata cinque ore (presente l’89% del capitale): contro ha votato solo G&C (1,24%), da tempo in lite giudiziaria con la società che ha bocciato anche l’ok al bilancio 2013 (rosso di 557 milioni) e la nomina dei sindaci. Astenuto sulle tre votazioni solo Toto (0,41%). Verranno emesse azioni privilegiate che danno speciali diritti ai sottoscrittori rispetto ai titoli emanati a ottobre scorso nell’operazione da 300 milioni dove Poste ne ha versati 75. Questi diritti consistono in una corsia preferenziale nella distribuzione degli utili e la postergazione delle perdite.
Ma il disco verde di Poste, secondo socio con il 19,48%, così come quello di altri soci, non implica necessariamente l’obbligo di versare i soldi entro il termine del 31 marzo 2015 in una manovra aperta fino al 31 dicembre 2020 per coprire eventuali inoptati. Infatti Air France (7,08%), per bocca del presidente Alexandre de Juniac, da Parigi ha dichiarato in mattinata che non aderirà all’aumento anche se il rappresentante presente in assemblea ha votato sì. E De Juniac è stato ottimista sull’esito del matrimonio con Etihad: «siamo in fase di finalizzazione delle trattative, molto probabilmente» si chiuderanno «nei prossimi giorni». «Abbiamo fatto un passo importante», ha detto Gabriele Del Torchio, soddisfatto perchè, rispetto alle previsioni che l’assemblea sarebbe rimasta aperta, si è invece regolarmente conclusa.
TITOLI PRIVILEGIATI
Certamente la tipologia delle nuove azioni mette in crisi la posizione espressa da Francesco Caio di non voler versare soldi nella vecchia Alitalia, dove rimarranno i contenziosi in corso (WindJet e AirOne) e partecipare all’eventuale copertura delle passività. Per questo rispetto alla prima proposta di investire 39 milioni nella New Alitalia dove entrerà Etihad che mette 560 milioni, gli advisor di Caio hanno concepito la variante di una Midco, come in gergo viene definita la newco intermedia fra la Old Az e la New Az: questa newco dovrebbe avere il 51% in modo che sia numericamente chiaro verso la Ue che il controllo sia in mani europee. Gli advisor di Caio - che nella notte hanno lavorato a una nuova proposta - ancora ieri insistevano su questo schema che consentirebbe alle Poste di versare 40 milioni nella Midco mentre gli attuali soci potrebbero partecipare all’aumento che si potrebbe fermare attorno ai 200. Ma le banche che hanno dichiarato di versare i soldi al verificarsi di tutte le altre condizioni poste da Etihad (quindi all’accordo con i sindacati ancora in bilico) sarebbero contrarie a consentire a Poste di schierarsi su un livello diverso: più rigida sarebbe la posizione di Unicredit (12,99%). Un duello sui principi che potrebbe essere facilmente superato con una moral suasion del governo. Non a caso ieri sera Matteo Renzi ha incontrato a Palazzo Chigi Federico Ghizzoni e Giovanni Castellucci. Quest’ultimo è l’ad di Atlantia che all’assemblea di Alitalia di ieri è uscita in occasione della votazione sull’aumento. Un passo indietro considerato segnaletico dagli altri azionisti. Ma da lunedì Del Torchio riprenderà a negoziare con Etihad.

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