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Data: 27/07/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Alitalia, ultimatum del governo ai sindacati: pronta la convocazione. Dura presa di posizione dopo le divisioni sul referendum: «Solo un marziano capirebbe quello che sta accadendo». Il nodo dei piloti, sono loro gli irriducibili del negoziato

ROMA Subito l’unità dei sindacati. Oppure il governo «li convocherà entro martedì e farà capire loro che non possono avere titubanze». Palazzo Chigi, in ansia per la spaccatura sugli accordi relativi ai tagli delle retribuzioni del personale Alitalia che mette a rischio l’affare con Etihad («tutti si devono rendere conto che l'alternativa è tra mille o 15 mila esuberi», ha avvertito il premier Renzi), affida al ministro dei Trasporti il compito di lanciare una sorta di ultimatum. «Non esiste un piano B per l'Alitalia, esiste solo un grande piano A», ha esemplificato l’esponente dell’esecutivo aggiungendo che «solo un marziano capirebbe le divisioni che si stanno verificando nel sindacato». Se questa è la posizione del governo e non subirà modifiche nelle prossime ore, la convocazione scatterà sicuramente visto che la Uilt (che non ha firmato gli accordi e che disconosce il risultato del referendum che ha confermato gli accordi) solo mercoledì avrà un incontro con il segretario generale Uil Angeletti per affrontare la questione e decidere cosa fare. «Siamo favorevolissimi ad accordi con Etihad, ma tuteliamo i lavoratori» ha fatto sapere ieri il sindacato. Idee chiarissime invece tra le altre parti sociali. Per la Cisl la vicenda è chiusa visto che, ha spiegato il segretario generale Raffaele Bonanni, «non solo la maggioranza dei sindacati ha siglato gli accordi ma anche il referendum tra i lavoratori ha dato il via libera alla nascita della nuova compagnia. Il governo, l'azienda e gli investitori non devono avere più titubanze – ha tagliato corto il leader Cisl – e si deve procedere verso la costruzione della nuova compagnia aerea». Accenti simili dalla Cgil, secondo la quale «le norme sulla rappresentanza sindacale sono state approvate a gennaio da tutti i confederali: anche in caso di mancato quorum gli accordi sono pienamente efficaci».
LO SCENARIO
Il problema è che Alitalia, in più di una circostanza, ha fatto sapere che per chiudere con Etihad occorre compattezza sindacale. Una prospettiva che, al momento appare lontana. Il referendum sull'accordo taglia-stipendi, che è stato celebrato due giorni fa, si è infatti chiuso con una partecipazione del 27% dei 13 mila aventi diritto. E le norme in materia trovano interpretazioni opposte: Cgil, Cisl e Ugl da una parte rivendicano la validità delle firme in calce all'accordo con l'azienda e la Uil dall'altra, fiancheggiata dall’Anpac, contesta («violate tutte le regole» si fa sapere) il patto siglato con l'azienda. Una mediazione non è facile. Sherpa sindacali avevano suggerito ad Alitalia di rinegoziare l’accordo spalmando su 12 mesi anziché 5 i 31 milioni di tagli salariali in programma per 11 mila dipendenti. Ma gli uomini dell’ad Gabriele Del Torchio hanno respinto l’ipotesi affermando che, in questo modo, parte dei risparmi che devono essere realizzati tassativamente nel bilancio 2014, sconfinerebbero nell’esercizio 2015. Scartata anche l’ipotesi, caldeggiata in particolare dai piloti, di attenuare lo schema fortemente progressivo (molto penalizzante per i redditi più alti) che caratterizza i tagli.

Il nodo dei piloti, sono loro gli irriducibili del negoziato

ROMA Per dire del clima che si respira a bordo, un sindacalista favorevole all’accordo che chiede l’anonimato prende di mira la Uilt e pronostica che «continuando tirare la corda finiranno per spezzarla e si ritroveranno con un mucchio di iscritti, ma tutti disoccupati». Ecco, appunto. Dietro le quinte dello psicodramma sindacale che si sta consumando tra favorevoli e contrari ai tagli salariali che Alitalia pretende per sedersi al tavolo con Etihad e chiudere la partita, si sta giocando una lotta di potere. Che si combatte anche con le armi dei tesseramenti e della rappresentanza sindacale. Per farla breve i riflettori, in queste ore convulse, sono accesi sui piloti: è su di loro che puntano il dito la maggioranza (circa il 65%) dei lavoratori che hanno accettato i sacrifici e che adesso confidano in un accordo in tempi rapidi con gli arabi.
Ma a quanto pare i piloti, in buona maggioranza, non ne vogliono proprio sapere. Ed hanno trovato nella Uilt chi li rappresenta con energia in questa lotta impopolare e quasi solitaria. Ma piuttosto agguerrita a leggere gli sfoghi che si scambiano sul web. Fonti sindacali raccontano che a fiumi, nei giorni scorsi, hanno abbandonato altre sigle per iscriversi proprio a quel sindacato. Gran parte della struttura nazionale piloti dell’Ugl, ad esempio, sarebbe emigrata verso Uiltrasporti e se al conto ci si aggiungono pure gli affiliati all’Anpac si arriva quasi a quota mille. Considerato che i piloti in servizio attivo sono 1.600, si comprende bene che il problema è piuttosto serio.
LE RETRIBUZIONI
«Come si fa a fare un accordo con gli arabi senza tenere conto della volontà dei piloti?» riassume senza girarci troppo intorno un dirigente del sindacato di categoria convinto che, alla fine, «bisognerà rinegoziare con noi». Nello specifico, le retribuzioni di chi governa gli aerei viaggiano tra i 45 e i 100 mila euro e si parla di tagli (per soli 5 mesi, occorre ricordare) tra 400 e 1.100 euro. In media la riduzione sarà compresa tra l’8 e il 10%. Dunque, nella peggiore delle ipotesi, entro fine anno la perdita in busta paga sarà di 5.500 euro. Poi, a partire dal 2015, tutto tornerà come prima.
Il fatto è che molti piloti non vogliono chinare il capo perché si sentono forti sul piano professionale. Lontano da Alitalia, verso le compagnie arabe, c’è un mercato che li tenta e che ne ha già arruolati a piene mani. La fuga è cominciata 6 anni fa e non accenna a fermarsi. Secondo l’ultimo rapporto di Flightglobal Insight solo in Emirates, l’ottava compagnia al mondo per ricavi, i piloti italiani in servizio sono 120. E circa 90 sono stati contrattualizzati solo negli ultimi tre anni. Questione di benefit, di sicurezza lavorativa. E di denaro, ovviamente, considerato che gli stipendi raddoppiano.
GLI ALTRI DIPENDENTI
Lo stesso ragionamento non possono certo farlo altri dipendenti Alitalia. Qualcuno, tra il personale di volo, potrebbe essere tentato dal cercare lavoro all’estero. Ma la maggioranza di quelli che guadagnano più di 20 mila euro (al di sotto di quella cifra lorda non è previsto alcun taglio) non sembra avere scelta. E infatti hanno firmato l’accordo.
Da luglio, se la vicenda andrà in porto, il personale si vedrà ridurre lo stipendio da un minimo di 85 euro al mese per i lavoratori di terra fino ad oltre 1.300 euro per i comandanti più anziani e i dirigenti. Hostess e steward invece si vedranno togliere dalla busta paga una cifra che si aggira sui 300 euro al mese.

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