ROMA Spalmare i tagli su 12 mesi invece che su 5: è questa la condizione posta da Uil trasporti per dare il via libera all’accordo sulle riduzioni retributive pretese da Alitalia. Gli altri sindacati hanno già accettato i sacrifici (31 milioni di minori salari nel periodo luglio-novembre) e l’azienda, che intende presentarsi al rush finale con Etihad con un fronte sindacale compatto alle spalle, spinge per un’intesa a tutti i costi. Che però appare piuttosto complicata, al momento. La Uilt, che non riconosce la validità dell’accordo («violate tutte le regole» viene ribadito ), punta a riaprire il negoziato. E, appunto, sarebbe disposta a dare l’ok se il taglio si consumasse in un periodo più lungo in modo da attenuare l’effetto sulle buste paga. Sono i piloti, in particolare, a spingere per questa soluzione. I circa 1.600 a libro paga (tra comandanti e primi piloti ) percepiscono un salario compreso tra i 45 e i 100 mila euro e si parla di tagli che oscillano tra 400 e 1.100 euro. In media la riduzione sarebbe tra l’8 e il 10% e, nella peggiore delle ipotesi, entro fine anno la perdita in busta paga sarebbe di 5.500 euro. Per la Uilt la spalmatura è un punto dirimente ma si tratta di una ipotesi che Alitalia fatica a digerire. Nei piani, i risparmi vanno realizzati interamente nel corso del 2014 e allungare il periodo di efficacia dei tagli sconfinando nel bilancio dell’anno prossimo vorrebbe dire far saltare lo schema messo a punto dagli uomini guidati dall’ad Del Torchio.
GLI ALTRI NODI
Il sindacato, che si sente sotto pressione («chi si assume oggi la responsabilità di far fallire l'operazione sappia che poi si troverà a gestire una crisi occupazionale che sarebbe da brividi», ha avvertito ancora il premier Matteo Renzi), respinge l’accusa di chi lo considera un potenziale sabotatore dell’affare con Etihad. «Siamo favorevolissimi invece» trapela dal quartier generale. Dal quale si fa anche notare che «quel che ci era stato chiesto per far decollare la trattativa con gli arabi lo abbiamo fatto, al contrario della Cgil, firmando il piano sugli esuberi». Il ragionamento che si fa in queste ore è che l’accordo sui tagli al costo del lavoro «non fa parte del perimetro del piano industriale». Ragion per cui «è pretestuoso chiederci di accettare l’accordo prefigurando il fallimento dell’intesa con gli arabi». I problemi, casomai «sono tutti interni alla compagine azionaria». A mettere ulteriore benzina sul fuoco, ieri, ha provveduto il sindacato Avia. «Protestiamo – ha tuonato il presidente Antonio Divietri – perché solo a piloti ed assistenti di volo è stata scippata anche la tredicesima mensilità, questo in aggiunta alle riduzioni mensili percentualmente uguali per tutti i dipendenti Alitalia. Che sia iniquo lo capirebbe anche un marziano». In questo clima, la trattativa con Etihad imbocca la settimana decisiva. La data finale potrebbe essere quella del primo agosto, quando è convocato il Cda di Poste. Certo la riunione del consiglio della società guidata da Francesco Caio, che si terrà venerdì prossimo, potrebbe segnare l'ultimo passaggio prima della firma tra Alitalia ed Etihad. Prima del Cda delle Poste potrebbe tenersi anche un altro Cda di Alitalia. Sul fronte degli azionisti il nodo è rappresentato dalla partecipazione di Poste, che sul piatto potrebbe mettere più dei 50 milioni dovuti per l'aumento di capitale. In cambio la società chiede che il proprio investimento abbia un senso industriale. In che modo? Partecipando attivamente alla nuova Alitalia. E per evitare che Etihad abbia la maggioranza relativa con il 49%, il rimanente 51% dovrà finire in mano ad un solo soggetto. Questo soggetto unico potrebbe essere - a questo si starebbe lavorando - una società che unisca Poste (con il 5%) e Cai. Tra una new-co e una old-co nascerebbe una med-co tricolore da sottoporre all’ok della Commissione europea.