PESCARA La sanità abruzzese torna a colpire dal punto di vista giudiziario e fa altre vittime eccellenti. L'inchiesta appena conclusa dalla procura di Pescara e dai magistrati di sanitopoli, Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli, vede indagati l'ex governatore d'Abruzzo, Gianni Chiodi, in qualità di commissario ad acta per il piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Abruzzo, il sub commissario Giovanna Baraldi, l'ex assessore alla sanità, Lanfranco Venturoni, e due tecnici dell'Agenzia nazionale per i servizi regionali che collaborarono con la Baraldi, Francesco Nicotra e Lorenzo Venturini. Falso, violenza privata e abuso d'ufficio i reati contestati a vario titolo agli indagati e che rappresentano il risultato di una scrematura importante operata dai magistrati rispetto alle contestazioni iniziali che per alcuni (quali Chiodi, Baraldi e Venturoni) riguardavano anche il reato di concussione e addirittura di truffa per il solo ex governatore e per i due tecnici.
Al centro dell'inchiesta ancora una volta le cliniche private della regione e la guerra spietata per i famigerati tetti di spesa. Un argomento, peraltro, sul quale Chiodi ha puntato nella sua ultima e sfortunata campagna elettorale, sbandierando il risanamento della sanità. Ma qualcosa non è andato proprio nel verso giusto perché per arrivare a questo ridimensionamento dei tetti di spesa, i protagonisti di questa ennesima inchiesta avrebbero operato violando la legge, o almeno questo è quanto asserisce la Procura. La denuncia parte proprio dai titolari delle cliniche private che sarebbero stati costretti a sottoscrivere i contratti di prestazione di assistenza ospedaliera con la Regione, contratti che secondo l'accusa sarebbero stati stilati con un «generale atteggiamento ostruzionistico volto a non fornire i dati per procedere all'attuazione della metodologia utilizzata per realizzare i tetti di spesa, a "congelare" la procedura dei pagamenti dei crediti pregressi e ordinari, ovvero a "sboccarli" in cambio della firma del contratto per l'anno 2010». Insomma o firmate questo contratto o non vi diamo neppure i soldi che vi spettano per le vecchie prestazioni. «Prospettando falsamente - aggiungono i pm - la possibilità di contenere le decurtazioni praticate attraverso il recupero di quote di mobilità passiva in realtà impossibili da realizzare, stante la consapevolezza della mancanza dei presupposti per la stipula di appositi "accordi di confine" con le regioni limitrofe, alcune delle quali (Marche e Molise) non avevano posto limiti alla remunerazione delle prestazioni erogate dalle loro strutture private accreditate».
I due principali protagonisti dell'inchiesta sono appunto Chiodi e la Baraldi, e in parte lo stesso Venturoni. I primi due avrebbero, secondo l'accusa, ancora tutta da provare, sostenuto il falso nella delibera n. 14 del 2010 relativa alle linee guida per la regolamentazione dei rapporti in materia di prestazioni erogate dalla rete ospedaliera privata, sostenendo che i tetti erano stati determinati valorizzando le prestazioni nel rispetto delle tariffe stabilite, quando invece i tetti erano stati «scientemente costruiti utilizzando un criterio di valorizzazione medio, tenuto celato agli operatori privati e non approvato da alcun provvedimento integrativo» a quello esistente e di riferimento.