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Data: 02/08/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Poletti apre: in pensione a 62-63 anni. Più flessibilità in uscita, «perché se i più anziani rimangono al lavoro non entrano certo i giovani»

ROMA Se i lavoratori sono costretti ad andare in pensione sempre più tardi, alla fine ci rimettono i giovani disoccupati che non trovano posti liberi. Regola di buon senso, quasi banale, occultata da oltre un ventennio di decisioni assunte per elevare l’età pensionabile, sino alle estreme conseguenze della riforma Fornero. Ora il ministro Poletti ammette: vista la «preoccupazione per la vicenda dei giovani» (la disoccupazione record) bisogna rilanciare più «flessibilità in uscita» per le pensioni. Tradotto: si può e si deve andare in pensione - spiega il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta - a 62-63 anni «con una giusta penalizzazione». Proposte che i sindacati hanno accolto con attenzione pur tra molte cautele. Il ministro del Welfare, Giuliano Poletti, ogni giorno alle prese con i dati sempre peggiori della disoccupazione giovanile, parla di «morsa terribile» perché «è stata aumentata l’età pensionabile delle pensioni e se i più anziani rimangono al lavoro non entrano certo i giovani». Ma c’è anche il «bacino dei cassaintegrati» che secondo il ministro «va sgonfiato». In conclusione si tratta di «un blocco che va superato flessibilizzando in uscita le pensioni e spingendo per la crescita». Il governo, spiega il sottosegretario Baretta, non vuole smontare la legge Fornero ma rafforzare la possibilità di lasciare il lavoro a 62-63 anni con una pensione più bassa. Così come già si prevede che chi rimane oltre la soglia dei 66 anni (fino a 70) abbia invece «una rivalutazione della pensione». Poletti spiega che una manovra correttiva in autunno «non servirà, ci sarà semplicemente la legge di stabilità. Tuttavia «il Pil che non cresce è un problema in più, rende complicato tenere i conti in equilibrio». Sulle pensioni iI sindacati apprezzano ma chiedono di saperne di più. «Siamo contenti che il ministro Poletti riconosca il tema della flessibilità, come da tempo sosteniamo - commenta Vera Lamonica segretaria confederale della Cgil - Bene che la si affronti al più presto perché è urgente approvare misure che rendano più flessibile la possibilità di pensionamento a determinare, per questa via, non solo maggiori occasioni di lavoro per i giovani e per chi lo perde ma anche il giusto riconoscimento di un diritto nell’accesso al trattamento pensionistico». La sindacalista precisa che allo stesso tempo «vanno mantenute assolutamente le norme introdotte nel decreto sulla Pubblica amministrazione e che riguardano il riconoscimento di quota 96 relativo al pensionamento degli insegnanti». Un tavolo di confronto chiede la Cisl anche sui «problemi aperti dalla riforma Fornero che va adattata alle nuove esigenze del mercato del lavoro». Secondo il segretario confederale Maurizio Petriccioli, serve «un diverso equilibrio che consenta di ripartire più equamente gli oneri connessi al pensionamento anticipato e per ripristinare elementi di flessibilità nell’accesso al pensionamento» sulla base di accordi tra le parti. Ma, incalza il segretario confederale della Uil Domenico Proietti, «è auspicabile che il ministro Poletti dia seguito agli annunci e già con la prossima legge di stabilità ripristini una giusta flessibilità nell’accesso alla pensione». La Uil pensa a un range tra i 62 e i 70 anni all’interno del quale il lavoratore può scegliere senza penalizzazione.

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