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Pescara, 24/11/2024
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Data: 02/08/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Sanità, l’inchiesta della Procura di Pescara. Baraldi, sms al ministro «Toto va fermato». Le telefonate intercettate del sub commissario. Il manager e il Governatore premevano su Fazio che affermava: «I privati devono firmare». Chiodi: «Ho difeso i cittadini». Fi: «Sorpresi e stupiti»

PESCARA «Lo capite che è una questione di potere! Questa è una guerra tra poteri, non è un problema di soldi. Allora, se è una guerra tra poteri e lui vuole avere ragione, dobbiamo fare una strategia psicologica». Chi parla è la lady di ferro, Giovanna Baraldi, l'ex sub commissario per la sanità della Regione Abruzzo, perno principale dell'inchiesta della Procura di Pescara appena conclusa sulle presunte anomalie nella gestione dei tetti di spesa per le cliniche private abruzzesi, un’inchiesta che vede accanto alla stessa Baraldi, come indagati, anche due politici del centrodestra di primo piano come l'ex governatore e commissario ad acta al risanamento della sanità abruzzese, Giovanni Chiodi, e l'ex assessore regionale alla sanità Lanfranco Venturoni.
Il passaggio appena riportato fa parte di una delle tantissime telefonate intercettate dai carabinieri che, per mesi e mesi, hanno lavorato su questa inchiesta arrivando a stilare una relazione di un migliaio di pagine.
La guerra di poteri di cui parla la Baraldi è quella con i titolari delle cliniche private, e primo fra tutti con il pescarese Luigi Pierangeli che, con la sua denuncia, fece scattare l'inchiesta. Un’indagine che, per stessa ammissione degli inquirenti, ha «delle zone d'ombra che l'attività investigativa, purtroppo, non è riuscita ad illuminare e che questo ufficio non ha potuto dissipare con una prolungata attività investigativa essendo la stessa stata interrotta nel momento in cui gli indagati sono venuti a conoscenza di essere sottoposti a controllo telefonico».
Tre, in estrema sintesi, i filoni che si intersecano in questa indagine. Una Regione governata dal centrodestra alle prese con problemi interni, e nello specifico con il parlamentare Daniele Toto, considerato dalla Baraldi il braccio politico di Pierangeli, che fa diverse interrogazioni parlamentari su questa vicenda; un durissimo braccio di ferro con le cliniche e in particolare con lo stesso Pierangeli; e una strana presenza, sotto certi aspetti inspiegabile, di uno dei colossi della sanità nazionale, come Ettore Sansavini, che entra ed esce in questa inchiesta (prima indagato per concussione, poi stralciato) e non si capisce a che titolo si inserisce. Indubbiamente il legame è con la Baraldi, che negli anni '90 lavora per Sansavini e più precisamente per il gruppo Villa Maria dello stesso imprenditore. Il sub commissario parla al telefono con Sansavini (che viene anche a Pescara per parlarle) e questi decide addirittura di incontrare, per ben due volte, Pierangeli (una a Lugo di Romagna e una a Pescara), per poi far emergere il suo vero interesse quando nel secondo incontro gli dice: «Se ti sei stancato di queste beghe, sappi che io potrei prendere in affitto le vostre case di cura». Il problema è che Sansavini dice anche altro. Si interessa di Villa Pini e della clinica Pierangeli e invita quest'ultimo ad accettare le proposte della Baraldi senza porre alcuna condizione, altrimenti avrebbe subìto la revoca dell'accreditamento. In pratica diventa una sorta di mediatore insolito, ma a quale fine?
Il problema politico. Toto disturba moltissimo la Baraldi con le sue interrogazioni che ripetono le accuse di Pierangeli, ed allora è necessario intervenire politicamente e in questo senso parla con il senatore Idv Alfonso Mascitelli e sollecita Chiodi che, alla fine, accetta di far intervenire il ministro della Salute, Ferruccio Fazio.
Baraldi arriva a parlare lei stessa con il ministro attraverso sms e gli dice: «Professore, basta che lei prima massacri Toto perchè non ne posso più». E ancora: «Caro prof, Chiodi ed io abbiamo bisogno di un suo intervento per fermare attacchi contro il nostro lavoro provenienti da un deputato Pdl, Toto che difende i privati». E alla fine Chiodi segue le indicazioni della lady di ferro. Le riferisce di aver parlato con Fazio e inviato messaggini a Verdini, Quagliariello e Lupi che gli avrebbero assicurato un loro intervento su Toto. E il ministro gli risponde: «Guardi io domani sono alle undici al partito, proprio perché vado a dire queste cose perché adesso basta». Fazio arriva anche a L'Aquila e prende accordi con Chiodi su cosa dire, chiedendogli un briefing telefonico prima di intervenire: «Sono disposto a dire qualunque cosa -gli dice il ministro- No perché io dico che i privati devono firmare». E Chiodi lo ferma: «No, questo forse non è il caso». Poi tranquillizza la Baraldi che il giorno dopo doveva vedersi con Pierangeli ed era «terrorizzata» a suo dire. Le dice: «Non ti preoccupare è soltanto un signorino, quindi non ha nessun problema, ad un certo punto gli fa bau-bau e tutto finisce».

Chiodi: «Ho difeso i cittadini». Fi: «Sorpresi e stupiti»
Febbo: «La deliberasui tetti di spesa mai pubblicata sul Bura»

PESCARA Amareggiato. Dopo aver fatto del risanamento dei conti della sanità un totem dei suoi cinque anni e mezzo di governo della Regione, Gianni Chiodi apprende dalle pagine del Messaggero di ritrovarsi sul libro nero della Procura di Pescara: «Sono esterrefatto e dispiaciuto». Il tempo di riprendere fiato, di mettere ordine in questa specie di gioco degli specchi nel quale è sempre più difficile separare l'acqua buona da quella sporca, poi l'ex governatore continua: «Ricordo che quella con le cliniche private fu una trattativa difficile e di fondamentale importanza per le sorti del sistema sanitario regionale e per la sua moralizzazione. Del risultato ne hanno beneficiato i cittadini. In Abruzzo accadeva sempre il contrario. Studierò le carte che ancora non ho. Resta, oltre a tanta amarezza, l'orgoglio di aver difeso gli interessi generali».
Il «presidente emerito», medaglia che Luciano D'Alfonso gli ha appuntato sul petto dopo lo scambio delle consegne, non ha altro da aggiungere. Parla invece il capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Mauro Febbo, che prende anche le difese dell'ex assessore alla Sanità, Lanfranco Venturoni e del sub commissario Giovanna Baraldi: «Sono assolutamente esterrefatto. Quando ci insediammo in Regione, nel gennaio del 2009, ci trovammo di fronte una situazione a dir poco drammatica». Febbo sottolinea non solo le gravi difficoltà di bilancio ereditate dal passato, ma anche i problemi di gestione del sistema nel suo complesso: «In particolare, tutto quello che ruotava attorno alla sanità privata era una vera e propria giungla, per usare un eufemismo. Di fronte a questo scenario era palesemente chiaro come, proprio la sanità privata, incidesse all'interno della struttura politico-amministrativa dell'esecutivo regionale, determinandone le scelte». Ma c'è un'altra questione sulla quale si sofferma Febbo: «La delibera di giunta dell'aprile 2008, che fissava i tetti di spesa della sanità privata, non fu mai pubblicata sul Bura e per questo non divenne mai efficace. Denunciammo la vicenda più volte, ma non ne abbiamo saputo più nulla». Il resto è affidato alla formula di rito: «Fiducia nella magistratura, in attesa che si faccia piena luce sulla vicenda, convinti della estraneità di Chiodi, Venturoni e Baraldi ai fatti contestati».
E in una nota Forza Italia regionale esprime solidarietà a Chiodi, Venturoni, Baraldi e ai due funzionari Agenas, coinvolti nell’inchiesta: «Appare sorprendente, e nel merito stupisce, come la battaglia portata avanti da Chiodi per il risanamento del debito sanitario sia sfociata addirittura in un’inchiesta giudiziaria. L’unica attività di ostruzionismo che il centrodestra ha portato avanti con determinazione è stata contro le lobby del potere che si annidano nel sistema sanitario».

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