PESCARA «Ucciso da chi mi doveva proteggere». E' un fiume in piena l'ex assessore regionale alla sanità Lanfranco Venturoni (nella foto con Chiodi), dopo la visita dei carabinieri che gli hanno comunicavato l'apertura dell'ennesima indagine a suo carico. «Sono orgoglioso di aver combattuto il malaffare nella sanità - commenta - e ora si va invece verso l'azione penale. Assurdo». A Venturoni, all'ex presidente Gianni Chiodi, all’ex sub commissario Giovanna Baraldi e a due funzionari Agenas i pm di Pescara Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli contestano i reati di abuso, falso e violenza privata: avrebbero assunto, fino al 2010, un «generale atteggiamento ostruzionistico» nei confronti delle cliniche private costringendole a firmare i contratti di prestazione con un aut-aut: o così o niente budget. «Mi si accusa di aver telefonato a questi signori - racconta Venturoni - e di aver detto: "Se non firmate, non vi diamo i soldi". Lo prevede la legge, altrimenti faremmo solo la volontà delle cliniche private. Quando la Regione firma un contratto deve avere una copertura economica. Noi avevamo un deficit a non finire e, in presenza di un piano di rientro, non potevamo indebitarci. Abbiamo solo cercato di rimettere un po' di ordine in questo far-west e di salvare la legalità. Mi chiedo - aggiunge Venturoni - perché non si sia mai proceduto penalmente verso le irregolarità accertate delle cliniche. Forse si vuole seguitare a fare quello che si è sempre fatto con le case di cura, che riuscivano a ottenere i budget facendo causa alla Regione e presentando autocertificazioni di prestazioni inappropriate. La gestione allegra della sanità è costata ai cittadini milioni di euro e invece di veder riconosciuto il nostro merito di averla combattuta, siamo finiti sotto indagine». Prima di lui, nel maxi-processo della sanità un altro assessore, Bernardo Mazzocca, è stato travolto dallo scandalo e poi condannato, in primo grado, a quattro anni di reclusione: «Questo assessorato finisce sempre nel mirino - aggiunge Venturoni - perché è un settore in cui gira una barca di soldi». In Procura l’ex assessore non è stato ancora convocato, «ma quando ci andrò lo farò con l'orgoglio di chi ha tentato di sistemare le cose. Ho sempre pensato che chi ha ragione non deve avere paura di nessuno, ma ora inizio ad averla». «Sono esterrefatto e dispiaciuto»: così Chiodi ha commentato il suo coinvolgimento nell’inchiesta. «Studierò le carte, che ancora non ho. Oltre a tanta amarezza, resta l'orgoglio di aver difeso gli interessi generali». Solidarietà agli indagati è arrivata da F.I. e dal suo capogruppo Mauro Febbo.