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Pescara, 24/11/2024
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Data: 03/08/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Toto: «Volevano che l’Abruzzo diventasse terra di conquista». Dopo l’inchiesta della Procura di Pescara parla l’ex deputato Pdl

PESCARA Pressioni sull'ex ministro della Salute, Ferruccio Fazio, per fermare quel parlamentare abruzzese del Pdl che si era messo di traverso contro la purga imposta alle cliniche private: «Professore, basta che lei prima massacri Toto perché non ne posso più». Lo stralcio dell'intercettazione attribuita all'ex sub commissario della Sanità abruzzese, Giovanna Baraldi, è un po' il perno della nuova inchiesta aperta dalla Procura di Pescara sui rapporti tra il potere politico e gli imprenditori della sanità privata. E ora è proprio Daniele Toto a raccontare, attraverso particolari del tutto inediti, come si arrivò a quello scontro durissimo.
Nel marzo del 2010 lei fece due interrogazioni rivolte ai ministri della Salute e dell'Economia, avanzando l'ipotesi che il sub commissario alla sanità abruzzese Giovanna Baraldi potesse essere suscettibile di potenziali conflitti d'interesse. Può essere più preciso alla luce di quanto emerso oggi dall'inchiesta della Procura di Pescara?
«Diciamo che già allora a me era chiaro un disegno per far fuori le cliniche abruzzesi e trasformare la nostra regione in un terreno di conquista».
Da parte di chi?
«Si parlava della vicinanza del ministro al San Raffaele e del sub commissario all'imprenditore Ettore Sansavini. La Baraldi, dal 2000 al 2004, è stata anche direttore della fondazione Villa Maria onlus di Milano che faceva capo a Sansavini. Basta andare a controllare».
Né l'ex ministro, né Sansavini risultano però indagati nell'inchiesta aperta dalla Procura di Pescara. Anzi, Chiodi si difende sostenendo un'altra cosa: che era lei a difendere le lobby delle cliniche.
«Io non ho difeso le lobby, ho difeso gli imprenditori abruzzesi da chi utilizzava metodi da Far West per entrare in Abruzzo, spacciandoli per un messaggio di risanamento della sanità. Dopo la mia seconda interrogazione Sansavini fece marcia indietro sul suo disegno di entrare in Abruzzo».
Poi cosa accadde?
«A quel punto la politica ha pensato di gestire in proprio la sanità abruzzese mettendo in piedi il gruppo di Villa Pini, un'operazione che nasce a Roma nella prima parte».
Cerchiamo di spiegare meglio anche questo passaggio, che sembra decisamente importante.
«Quando ci furono le pressioni sul ministro, di cui si parla nell'inchiesta, mi fece una telefonata divertita Denis Verdini dal partito. Io quel giorno mi trovavo in aula, alla Camera, e dissi: se qualcuno vuole parlarmi venga qui».
E' vero che fu contattato anche da Lupi e Quagliariello?
«Con Quagliariello non ci parliamo da quando gli regalai il libro Malabruzzo, di Piero Giampietro, che toccava appunto i rapporti tra la politica e la sanità privata regionale. Di Lupi non dico niente».
Sempre nel 2010, dopo questa battaglia di primavera, lei lascia il Pdl per approdare nel partito di Fini.
«E' successo nel mese di settembre. Mi chiamò Berlusconi e mi chiese di restare».
Cosa le disse esattamente?
«Di lasciare perdere l'Abruzzo e di pensare a Roma, perché il mio posto era lì. Risposi che il mio bisnonno era abruzzese, che io mi sentivo profondamente abruzzese e che i miei interessi da difendere erano qui. Qualcuno cercò di convincerlo che se me ne fossi andato non avrei spostato un voto. Da allora, prima con il passaggio in Fli, poi nei Liberali, il centrodestra ha perso tutte le elezioni in Abruzzo».

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