Anche agosto ormai se ne va e, inevitabilmente, si porta via la lunga luna di miele pre e post-elettorale di Luciano D'Alfonso. Adesso arriva il lavoro duro, l'impresa di conciliare le poche risorse con le pretese, più o meno fondate, dei mille campanili. L'Abruzzo, si sa, non è una comunità coesa: è l'insieme di tanti borghi, che lunghe stagioni di isolamento hanno portato a rinchiudersi nel proprio particulare, più che pensare al bene di un'intera regione. Ma oggi governare significa dire più NO che SI', significa saper tenere duro su alcune scelte di fondo, anche se la ribellione arriva dalla base del tuo stesso partito. Il governo centrale chiede cose molto precise: il disboscamento delle tante, spesso inutili, società a capitale pubblico, piuttosto che l'ulteriore dimagrimento di una rete sanitaria già molto stressata. E qui il governatore ha davanti due strade: o cavalca ogni rivolta, diventando una specie di super-sindaco che acquista ancora più popolarità in ogni angolo d'Abruzzo, scaricando su Roma la colpa di ogni scelta dolorosa. Oppure si prende la responsabilità forte di alcune scelte, usando la propria capacità di persuasione (e anche l'ammirevole ubiquità) per spiegarle e farle digerire. Per esempio: a che servono due società di trasporti su gomma come l'Arpa e la Gtm? Davvero i punti-nascita sono troppi per dare a mamme e neonati un'assistenza adeguata? Si comincia da risposte chiare a queste domande, per capire se D'Alfonso è disposto a mettere in gioco anche i consensi alla sua persona per l'interesse superiore dell'Abruzzo. Buona domenica a tutti.