Sono una novantina i nomi di coloro che sono coinvolti
nella legge di riforma e nella girandola dello spoil system
L’AQUILA Una “Regione-funzione” al posto di una “Regione-finzione”, più snella da un punto di vista organizzativo, meno burocratica, più risparmiosa. Con meno scale da salire per arrivare al direttore “x” o al dirigente “y”, più potere decisionale. Con la cosiddetta “Legge di riforma della Regione”, il primo vero atto della giunta D’Alfonso, la “madre di tutte le leggi”, come dice il consigliere regionale Camillo D’Alessandro, parte la vita nuova dell’Ente, a cominciare dal dimezzamento, da 12 a 6, del numero delle direzioni, già notevolmente ridotte dal 2008 al 2013. E quindi dei direttori. Le direzioni si chiameranno, poi, dipartimenti. A capo di ognuno ci sarà un direttore di vertice; al di sopra dei quali ci sarà il direttore generale. Finirà la schiera infinita di dirigenti interni ed esterni collegati alle attuali direzioni, una novantina in tutto. Una giungla di competenze a cui si aggiungono anche, fra i dirigenti esterni, quei funzionari “interni” che hanno avuto incarichi come dirigente esterno, per fare un esempio Altero Leone, dirigente della Sala operativa della Regione. Una selva di nomi e competenze che fa venire il mal di testa a chi le cerca sul portale web della Regione. Con la Legge di riforma tutto ciò viene spazzato via. Che fine faranno, però, i direttori che sono stati assunti – rispondendo a un avviso pubblico – con un incarico, come si suol dire, “fiduciario”? Alcuni andranno irrimediabilmente via per il meccanismo ormai consueto dello “spoil system”; altri possono sperare un “ripescaggio”, una riconferma. Sono in bilico per lo più coloro che sono entrati con la giunta di centrodestra, o che in quell’area si riconoscono, come ad esempio il direttore del settore Trasporti, Infrastrutture, Mobilità e Logistica, Carla Mannetti; trema pure il direttore del settore Direzione, Risorse umane e Politiche culturali, Gianluca Caruso (entrato, quest’ultimo, con la giunta di centrosinistra di Del Turco e “sopravvissuto” a quella di centrodestra di Chiodi). Oltre a loro, sono 10 i direttori che conosceranno il loro destino tra poche settimane. Intanto, entro 45 giorni dalla pubblicazione, la legge di riforma deve tradursi in atti di giunta che introdurranno i 6 nuovi dipartimenti e che metteranno insieme le materie funzionali di cui dovranno occuparsi. Non solo. Sarà nominato anche il direttore regionale e, entro dicembre, si approverà la Legge obiettivo alla quale verranno associate le eventuali figure dei commissari, laddove necessario. Facendo un passo indietro, al dimezzamento dei direttori corrisponde la nomina del direttore generale, che ha, per dirla con D’Alessandro (primo firmatario della Legge), “il potere dei poteri: avocare a sé la decisione dove c'è stallo”. «L’emolumento massimo del direttore generale», si legge nel documento, «non può essere superiore del 20% di quello del direttore di dipartimento di più elevata graduazione». L’obiettivo della legge è «la certezza della decisione», prosegue D’Alessandro, «in quanto il sistema burocratico della Regione è viziato da un’organizzazione “dei pari”», dice citando il governatore D’Alfonso, «per cui, di fronte a una situazione complessa, spesso si genera un rimpallo senza soluzioni». Spunta, poi, la figura del commissario realizzatore, a costo zero per l’ente, nominato in caso d’incapacità di portare a termine un obiettivo in un dato settore. Raggiunto il quale, finisce il compito del commissario. Esempi sono le questioni irrisolte della diga di Chiauci e del Consorzio di bonifica sud. E che fine faranno i dirigenti? Quelli interni non saranno licenziati, ma ridistribuiti all’interno dell’Ente.
Mannetti: «Dopo 5 anni duri tornerei a fare l’avvocato»
Carla Mannetti, avvocato aquilano, classe 1966, è direttore regionale del settore Trasporti, Infrastrutture, Mobilità e Logistica dal primo aprile del 2009, con il centrodestra. È stata anche presidente della Saga, la società che gestisce l’aeroporto d’Abruzzo. Il suo contratto scade nel 2015, ma è tra i 12 direttori che, con l’arrivo della nuova giunta, può essere invitata a lasciare il suo posto. Per ora lavora sodo in uno dei settori più complessi, interfacciandosi con il presidente della Regione, Luciano D’Alfonso. Tornerà a fare l’avvocato? «Non so quali siano le intenzioni del governatore. So che con lo spoil system posso essere uno dei primi direttori ad andare via. Nel caso, sì, riprenderò il mio lavoro da dove l’ho interrotto, all’Aquila. E forse mi riposerò un po’…». Come valuta questi cinque anni? «Duri e intensi. Pochi giorni dopo il mio arrivo c’è stato il terremoto, tre anni dopo l’emergenza-neve più dura degli ultimi tempi. La delega dei Trasporti è tra le più sofferte, in parte abbiamo rimesso in piedi la struttura, ma c’è ancora tanto da fare. D'Alfonso vuole investire sulle infrastrutture e va benissimo, dato che abbiamo vissuto in un’epoca di tagli. Importante anche il lavoro fatto nel post-sisma. Ho un bel ricordo anche del lavoro con Bertolaso, persona che puntava al risultato». Qualche remora? «Mi è molto dispiaciuto, ad esempio, che non si sia riusciti a portare a termine il Prit sulle infrastrutture, approvato in giunta nel 2012 e poi mai arrivato in aula: strumento di pianificazione sul quale la Regione stava lavorando dal 2002. Un’altra incompiuta è, poi, la società unica dei trasporti»