ROMA Un miliardo e mezzo. Forse anche due. Dalle imprese, o meglio dalle agevolazioni che le imprese incassano a carico del bilancio dello Stato, dovrà arrivare un contributo sostanzioso alla prossima legge di stabilità, quella il cui conto ormai oscilla tra i 20 e i 22 miliardi di euro, ben 17 dei quali dovranno essere finanziati dai tagli di spesa. Il tema non è nuovo. Anzi. Nei cassetti del governo ancora giace il progetto di legge messo a punto dall’economista Francesco Giavazzi su mandato del governo guidato da Mario Monti e che prevedeva un taglio fino a 10 miliardi di euro delle agevolazioni alle imprese. Fino ad oggi, però, è rimasto lettera quasi morta. A pagare dazio, per ora, nel primo decreto dei tagli alla spesa, quello che ha introdotto il bonus da 80 euro, sono state soprattutto le imprese agricole. Per loro è stata reintrodotta l’Imu per i terreni collinari e per le aree montane, con l’obiettivo di recuperare ai conti dello Stato circa 400 milioni di euro. Ma non è detto che il settore non venga chiamato a nuovi sacrifici, soprattutto per quanto riguarda gli incentivi per il gasolio o le varie esenzioni e regimi agevolati di cui l’agricoltura ancora gode. Ma non sarà solo questo settore ad essere chiamato a dare un contributo alla stabilizzazione del bonus da 80 euro. Come previsto dal piano Giavazzi, tutti gli incentivi che nonsaranno considerati strettamente necessari e funzionali, potranno finire sotto la scure. Un contributo consistente, per esempio, potrebbe arrivare dall’autostrasporto. Tra sconti fiscali sulle accise, sconti autostradali, riduzione dei premi Inail e altre voci, secondo uno studio di Confetra, il settore incassa contributi pubblici per circa 1,3 miliardi di euro. Contributi che già erano finiti nel mirino del governo che nelle prime bozze del decreto sugli 80 euro aveva inserito una netta sforbiciata.
LE ALTRE IPOTESI
L’elenco delle voci sulle quali intervenire è comunque lungo. Nel suo rapporto sull’erosione della base imponibile, l’ex sottosegretario all’economia ed oggi collaboratore del ministro Pier Carlo Padoan, Vieri Ceriani, aveva indicato in quasi 32 miliardi gli sgravi fiscali concessi a vario titolo al mondo delle imprese. Al capitolo della revisione di tutta la platea delle voci che erodono la base imponibile, sta lavorando il vice ministro Luigi Casero. Una revisione che potrebbe portare in dote alla legge di stabilità risorse consistenti. Non solo attraverso la revisione delle agevolazioni alle imprese, ma anche rivedendo gli sgravi sull’Irpef. Alcune detrazioni (si veda Il Messaggero di ieri) come quelle sulle spese mediche, le spese funerarie, etc, potrebbero essere legate al reddito, inserendo un criterio progressivo che ne fa diminuire l’importo all’aumentare del reddito. Il meccanismo scatterebbe a partire dai redditi sopera i 55 mila euro. Tutte proposte queste, alle quali lavorano le strutture tecniche del ministero dell’Economia e che dovranno poi superare il vaglio di Palazzo Chigi, dove il premier Matteo Renzi ha predisposto una sorta di cabina di regia sui tagli alla spesa. Tutte le proposte tecniche, insomma, dovranno superare il vaglio «politico» della Presidenza del Consiglio prima di tradursi in misure concrete. Un vaglio, per esempio, che non è stato superato dalla proposta di inserire un contributo di solidarietà o un ricalcolo su base retributiva delle pensioni superiori a 2.500-3000 euro lordi al mese. Palazzo Chigi per recuperare le risorse necessarie alla spending review preferisce puntare, oltre che sui tagli ai trasferimenti alle imprese, sui tagli agli acquisti di beni e servizi della pubblica amministrazione. una riduzione di spesa che, secondo gli sherpa del premier, sarebbe più in linea anche con quanto indicato da Mario Draghi nel suo discorso di Jackson Hole, che ha consigliato ai governi europei di ridurre la spesa improduttiva per effettuare politiche di bilancio espansive.
Dalle detrazioni al bonus degli 80 euro i nodi da sciogliere della legge di Stabilità
ROMA Bonus Irpef, cassa integrazione, ammortizzatori sociali, contratto degli statali, detrazioni, Irap, spese indifferibili, il tutto nel rispetto dei parametri europei e con un progressivo rientro del debito. L'elenco delle misure da programmare per la legge di stabilità sembra un rompicapo. Ma nel giro del prossimo mese e mezzo il governo dovrà trovare il modo di risolverlo, partendo innanzitutto da scelte politiche e allo stesso tempo non sottovalutando i costi di ogni operazione.
Il primo capitolo sarà doverosamente quello degli 80 euro. Matteo Renzi e tutta la sua compagine sono più che mai convinti di confermarlo. L'obiettivo iniziale era quello di estenderlo anche a partite Iva e pensionati. Ma, vista la situazione dell'economia italiana, la promessa, ha ammesso il premier, non potrà essere facilmente mantenuta. L'idea che qualcuno rispolvera è quindi quella di cui Ncd si è fatto paladino nel corso del dibattito parlamentare sul decreto Irpef, quella cioè di estendere il bonus almeno alle famiglie numerose, prevedendo comunque un tetto massimo di reddito intorno ai 50.000 euro.
In Senato le risorse necessarie, circa 300 milioni di euro, non furono trovate e il ministero dell’Economia decise di mantenere fede all'impianto iniziale del provvedimento e di rimandare la questione alla legge di stabilità. Il costo del rinnovo del bonus non salirebbe poi tanto visto che per renderlo strutturale per la platea identificata quest'anno (lavoratori dipendenti dagli 8.000 ai 24.000 euro con un progressivo decalage fino a 26.000) ci vogliono 6,5 miliardi. Dei 10 miliardi totali, 3,5 sono infatti già stati identificati con misure di spending review considerate permanenti.
A dir poco spinoso è infine il nodo dei dipendenti pubblici. Per rinnovare i loro contratti ci vogliono 4-5 miliardi di euro in tre anni. Una cifra monstre, che ha fatto nascere l'idea di rinnovare il contratto solo parzialmente.