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Data: 26/08/2014
Testata giornalistica: Il Fatto Quotidiano
Pubblica amministrazione, dal 1’ settembre dimezzati i permessi sindacali

Una circolare firmata dal ministro Marianna Madia il 20 agosto prevede che nei prossimi sei giorni "tutte le associazioni sindacali rappresentative dovranno comunicare alle amministrazioni la revoca dei distacchi sindacali non più spettanti". Stando ai dati del ministero, distacchi e permessi costano alle casse pubbliche 230 milioni di euro l'anno, che si ridurranno a 115. Ma per la Uil "nessun risparmio, anzi altri costi per le casse pubbliche"

Il conto alla rovescia segna -6 giorni. L’1 settembre scatta il dimezzamento dei permessi sindacali previsto dal decreto di riforma della Pubblica amministrazione convertito in legge il 7 agosto. A prevederlo è una circolare del ministro Marianna Madia firmata mercoledì scorso, il 20 agosto. Nei prossimi sei giorni, dunque, “tutte le associazioni sindacali rappresentative dovranno comunicare alle amministrazioni la revoca dei distacchi sindacali non più spettanti”. ”Il rientro nelle amministrazioni dei dirigenti sindacali oggetto dell’atto di revoca”, precisa il documento, “avverrà nel rispetto” del contratto collettivo nazionale quadro sulle prerogative sindacali ,”nonché delle altre disposizioni di tutela”.

Il taglio dei permessi, che “non si applica” alle Rsu, ovvero le Rappresentanze sindacali unitarie, ”è finalizzato alla razionalizzazione ed alla riduzione della spesa pubblica”. Stando ai dati forniti qualche mese fa dal ministero, ogni giorno ci sono 4mila dipendenti pubblici in permesso sindacale retribuito e il costo totale annuo è di circa 230 milioni di euro. Il dimezzamento dei distacchi e dei permessi ”vale” quindi, per le casse pubbliche, 115 milioni.
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Reazione gelida da parte dei sindacati. Per Carmelo Barbagallo, segretario generale aggiunto Uil, “questa scelta non c’entra nulla con la spending review. Da tale operazione, infatti, non scaturirà alcun risparmio per lo Stato; anzi, il rientro dei distaccati comporterà un aumento dei costi per le casse pubbliche, perché occorrerà pagare a questi dipendenti anche il salario accessorio, i buoni pasto e la produttività”. Poi la sferzata: “Al ministro Madia, comunque, diciamo che abbiamo già adempiuto al rispetto della tempistica fissata in questa legge. Auspicheremmo che altrettanta velocità si possa registrare sul fronte della riduzione dei costi della politica. Così come ci attendiamo che ci si affretti a riaprire il tavolo per il rinnovo dei contratti per i lavoratori della pa, considerato che, da oltre cinque anni, i pubblici dipendenti non hanno più aumenti salariali: lo Stato è diventato il peggiore e il più inadempiente datore di lavoro”. Anche il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, a margine del Meeting di Rimini ha detto di aspettarsi dal governo “che rinnovi i contratti dei pubblici dipendenti fermi scandalosamente da ben sette anni” e ha escluso che possa essere “l’ennesimo taglio dei distacchi sindacali, che peraltro la Cisl non ha contrastato, a risolvere i problemi della Pubblica amministrazione”. “Non ci siamo fasciati la testa nel passato e non ce la fasceremo neanche stavolta, anche se si tratta di diritti sindacali fondamentali in una democrazia”, ma quello che serve è “un piano trasparente e dettagliato di riforma di tutta la Pubblica amministrazione da discutere con il sindacato”. In particolare, il segretario chiede un “assetto nuovo di regioni, enti locali e sanità che sono il pozzo senza fondo di tutti gli sprechi della spesa pubblica italiana ed il luogo di corruzione negli appalti e nelle varie consorterie. Non vorremmo che ogni volta si dia la stessa notizia del taglio dei distacchi per evitare di discutere di queste questioni che sono il nocciolo della crisi italiana”.

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