ROMA Un’ora con Pier Carlo Padoan, due lunghi colloqui con Luca Lotti e Graziano Delrio. E un tourbillon di telefonate con ministri e sottosegretari. Nel giorno del rientro, dopo aver twittato «ciao vacanze», Matteo Renzi ha rimesso il turbo. «Mi è sembrato più determinato e deciso del solito. Direi, sovraccarico», racconta chi l’ha incontrato. Del resto venerdì c’è il primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva, quello che darà il via al “piano dei mille giorni”, con l’approvazione del decreto “Sblocca-Italia” e le riforme della giustizia e della scuola. E il giorno dopo, sabato, Renzi ha in programma a Parigi il vertice con il presidente francese Francois Hollande e poi, a Bruxelles, il Consiglio europeo straordinario. Quello chiamato a decidere la squadra della nuova Commissione. «Sono arcisicuro che la Federica ce la farà», ha confidato il premier. Dove «la Federica» è il ministro degli Esteri Federica Mogherini. E l’impresa in cui è lanciata è l’assalto al ruolo di Alto commissario per la politica estera dell’Unione. La numero due, nella scala gerarchica delle poltrone europee.
LA NOVITÀ
E se Renzi ha manifestato soddisfazione per la circolare del ministro Marianna Madia sui distacchi e i permessi sindacali («è il segno che il governo fa sul serio anche su questo fronte»), il piatto forte della giornata è stato il faccia a faccia con Padoan. Assieme al ministro dell’Economia, il premier ha cominciato a valutare la possibilità di procedere al taglio delle aziende municipalizzate già nel decreto “Sblocca-Italia”. Secondo il piano originario il governo avrebbe dovuto procedere in due tappe. Un primo taglio, da mille miliardi, venerdì. Il resto con la legge di stabilità, che dovrà essere varata entro fine settembre. Invece, per rastrellare fondi necessari per far ripartire i cantieri e rinnovare l’ecobonus al 65% per il risparmio energetico, Renzi e Padoan hanno deciso di accelerare. Tanto più che, per il premier, la riduzione del numero delle municipalizzate rappresenta un altro colpo alla Casta e agli sprechi della politica.
Secondo il rapporto del commissario alla spending review Carlo Cottarelli, le società partecipate da Comuni e Regioni sarebbero 7.726: «Ma è una giungla in buona parte inesplorata e di estensione incerta», ha precisato lo stesso Cottarelli. Una giungla che costa alle casse pubbliche (in base a uno studio del 2013 della Corte dei conti) 25,9 miliardi all’anno. Più altri 4-600 milioni in emolumenti e gettoni di presenza per presidenti, amministratori delegati, consiglieri. Un vero “poltronificio”: in tutto i posti nelle municipalizzate arrivano a quota 26mila. Se Renzi manterrà da subito la promessa di ridurre a mille le 7.726 società partecipate, il risparmio immediato potrebbe di 3 miliardi. «Più molti altri a regime», garantiscono a palazzo Chigi.
LE ALTRE MISURE
Oggi Renzi, oltre a definire nel dettaglio gli altri interventi inseriti nello “Sblocca-Italia”, approfondirà la riforma della giustizia civile e quella della scuola. I due provvedimenti, raccomandati a giugno dalla Commissione europea per superare il gap-Paese, devono essere varati entro venerdì. Obiettivo del premier: presentarsi al vertice del giorno dopo a Bruxelles con «i compiti fatti», in modo da poter lanciare l’affondo in nome della «maggiore flessibilità in cambio di riforme». «Il problema della crescita», teorizza Renzi, «non riguarda solo l’Italia, ma l’intera Eurozona, visto che ormai la recessione morde perfino la Germania. E sono sicuro che la nostra posizione troverà accoglienza». «L’Europa», ha tuonato sabato, «non può essere solo tagli, vincoli e spread. Serve visione politica, se devo stare dentro un’organizzazione di burocrati, ne ho talmente tanti a casa mia che non ho bisogno dell’Europa». Parole che la dicono lunga sull’approccio muscolare del presidente del Consiglio.
Le notizie che arrivano da Parigi, con il siluramento del ministro anti-austerity e anti-Berlino Arnaud Montebourg - quello che nel week end aveva detto che «tutti dovrebbero fare ciò che fa Renzi contro il rigore» - non allarmano Renzi. «Per noi non cambia nulla, si tratta di dinamiche interne al partito socialista francese», dicono a palazzo Chigi. Insomma, il premier non crede di aver perso un alleato nella battaglia per la flessibilità: «L’asse con Hollande tiene ed è in ottima salute».