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Data: 06/09/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Forze dell’ordine c’è uno spiraglio. Renzi: dai sindacati toni inaccettabili. Matteo punta alla grande riforma: 4 corpi di polizia e funzioni diverse.

ROMA Bisognerà attendere che rientri Matteo Renzi, nessuna comunicazione ufficiale arriverà prima di lunedì. Ma è certo che forze armate, polizia, agenti penitenziari e vigili del fuoco non sciopereranno. E non perché il governo abbia ceduto al ricatto e alla minaccia, semplicemente perché la provocazione, inaudita nella storia della Repubblica, ha dato la misura del malessere fino a sfiorare lo scontro istituzionale che rischiava di minare un pilastro della Repubblica. Toccherà al premier, con tutti i distinguo e le puntualizzazioni, per quel «ricatto» che l’ha fatto infuriare, trovare e annunciare la soluzione da un miliardo e 300 milioni di euro per sbloccare il tetto salariale delle forze dell’ordine nel 2015 e chiudere un accordo con il Cocer e i sindacati di polizia. Intanto la polemica si smorza. Ieri il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha incontrato il capo della polizia, Alessandro Pansa, il comandante generale dei carabinieri, Leonardo Gallitelli, e il comandante generale della guardia di finanza, Saverio Capolupo. Le note successive, del responsabile del Viminale e del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, riconoscono la legittimità delle istanze avanzate dalle forze dell’ordine, come era avvenuto nei mesi scorsi. Tanto basta per attenuare i toni.
IL VERTICE

Matteo Renzi, dal Galles, tuona: «Se il tono di chi protesta è quello del confronto, ci saranno porte aperte, se il tono è quello del ricatto, non lo accetteremo. Con questi toni c'è poco da discutere, fanno venire meno la volontà di trovare intese e fanno male a chi pattuglia le strade». Ma dopo il lungo colloquio al Viminale tra Alfano e i vertici delle forze dell’ordine, la tensione di allenta: «Ci sono tutte le condizioni per lo sblocco salariale», Alfano torna a ripetere quanto aveva già detto a luglio dopo l’incontro con il Cocer e i sindacati di polizia. Anche sulla «legittimità» della vertenza relativa al blocco salariale, diventata protesta dopo le dichiarazioni a sorpresa del ministro per la Funzione pubblica Marianna Madia, il ministro ribadisce: «Stiamo lavorando per eliminare i blocchi salariali e speriamo che questo sforzo non venga complicato dai toni eccessivi - dichiara - sono convinto che ci siano le condizioni per affrontare con serenità, da tutte le parti in causa, il problema e risolverlo». Sulla stessa linea il ministro Pinotti: «Il governo, pur non accettando i toni e le parole fuori luogo usati in questi giorni dagli organi di rappresentanza militare e di polizia, ritiene prioritario l'impegno alla ricerca di una soluzione che riconosca la specificità e il valore di chi quotidianamente assicura la difesa e la sicurezza degli italiani nel Paese e attraverso le missioni internazionali che ci vedono coinvolti». Anche il presidente della commissione Esteri Pierferdinando Casini spinge per il dialogo: «Le esibizioni muscolari servono solo a inasprire gli animi».

Matteo punta alla grande riforma: 4 corpi di polizia e funzioni diverse. Vertice con Viminale e Difesa appena
sarà rientrato a Roma dal summit Nato. Il Tesoro frena: non ci sono altri fondi. E c’è timore che insorgano altre categorie

ROMA Toni durissimi in pubblico. E una linea di condotta, da parte di Matteo Renzi, che parte da un assunto: distinguere le persone in divisa dai sindacalisti che le rappresentano o credono di rappresentarle. «Se i toni restano quelli del ricatto - dice il premier fuori dalle telecamere - i sindacati di polizia si facciano ricevere da Meloni e da La Russa». Intanto lui, appena torna in Italia dal vertice Nato incontrerà Angelino Alfano e Roberta Pinotti, titolare del Viminale e ministro della Difesa, per fare il punto della situazione e per cercare una soluzione. Ma sarà arduo trovarla.
LE CASSE

Dal ministero del Tesoro si fa notare infatti un’ovvietà - la situazione finanziaria è quella che è: non ci sono soldi - e un rischio: allargare il cordone della borsa per le forze di sicurezza aprirebbe una serie di rivendicazioni infinite in tutto il mondo dei dipendenti pubblici. E già sembra di sentire gli infermieri o i medici o altre categorie: perchè i soldi ai poliziotti sì e a noi no? E tutti a battere cassa. Anche se, come è stato confermato nell’incontro tra Alfano e i vertici delle forze dell’ordine, non si tratta di sbloccare il contratto dei lavoratori della sicurezza ma di eliminare i tetti salariali e le diseguaglianze delle buste paga. Ovvero: perchè uno che viene promosso non deve essere pagato quanto gli altri pari grado? Dicono, i poliziotti, di non volere più soldi ma solo quelli che gli spettano, secondo gli scatti di carriera. Se Renzi desse indicazioni forti al Tesoro che questi soldi vanno trovati per forza per i poliziotti, infischiandosi della sollevazione delle altre categorie, quei soldi potrebbero saltare fuori. Il rischio, però, sarebbe appunto quello di attizzare la rabbia dei delusi. Per ora il muro contro muro è lo scenario predominante, basti aver ascoltato Renzi in conferenza stampa, ma il premier per primo - per non dire di Alfano - capisce la delicatezza della questione. Sulla quale lui riversa anche una dose di iper-renzismo, sia culturale che caratteriale, per cui si sfoga così: «In realtà i poliziotti sono gente responsabile e che comprende il momento difficile dell’economia. Sono i sindacalisti che li aizzano e soffiano sul fuoco di questa vicenda».
IL PIANO

La pubblica durezza di Renzi nei confronti delle richieste delle forze dell’ordine si può spiegare anche alla luce del fatto che nel settore della sicurezza e in quello militare ci si attarda nell’adeguarsi alla spending review, pur essendoci ampi margini di risparmio in quei campi. Sono note per esempio le timidezze, se non i freni, con cui viene affrontato il nodo della vendita delle caserme. Ma anche qui la pubblica baldanza del premier si accoppia alla consapevolezza di Matteo che bisogna muoversi con i piedi di piombo e trovare una qualche soluzione politica. Anche perchè per un leader ”gentista” - sempre dalla parte della gente e non dei «salotti» - mettere troppo in discussione i corpi di sicurezza, con cui l’italiano medio spesso ancora si identifica, rappresenta una forma di contraddizione con il profilo politico e comunicativo che Renzi ha deciso di adottare. Anche sull’accorpamento delle forze cinque di polizia (Pubblica sicurezza, Carabinieri, Forestale, Penitenziaria, Vigili del fuoco), che secondo il premier «sono troppe», Renzi non ha messo il turbo. Tutt’altro. Nella legge sulla Pubblica Amministrazione è prevista soltanto la soppressione della Forestale, e già questa sta scatenando un putiferio e chissà come andrà a finire. Quanto alle altre polizie, l’obiettivo è quello di differenziare le funzioni, di evitare sovrapposizioni, di razionalizzare i costi accentrando per quanto sia possibile i centri di spesa e perfino di far convivere in certi casi negli stessi edifici poliziotti e carabinieri. Ma anche qui, sarà dura.

Buste paga medie mensili da 1.400 euro
e il bonus di 80 euro riguarda solo l’8%

ROMA Comunque andrà a finire, sciopero o non sciopero, almeno di una cosa gli uomini in divisa non potranno essere accusati: quella di protestare chiedendo lo sblocco del contratto senza accontentarsi degli 80 euro del bonus fiscale che incassano da maggio. Infatti sarà anche vero, come assicura il ministro Marianna Madia per tacitare la protesta che monta tra i dipendenti pubblici, che uno statale su 4 già beneficia dello sgravio Irpef. Ma tra gli appartenenti alle forze dell'ordine la media crolla vertiginosamente. Sono solo 25 mila su un totale di 305 mila, dunque molto meno del 10%, i gratificati dal taglio alle tasse voluto da Matteo Renzi. E, ovviamente, si tratta di appartenenti al personale di base dei 5 corpi di polizia. Per la maggior parte giovani. E quasi tutti neo reclutati alle prime armi. Prendete la polizia di Stato. Sono 95 mila le persone in servizio e ben 60 mila fanno parte della categoria assistenti-agenti. La truppa, in pratica. Quando si entra, da agente semplice, la retribuzione netta arriva a 1.380 euro. Dopo 5 anni in servizio si diventa agente scelto e c'è uno scatto mensile di 50 euro. Dopo altri 5 anni si diventa assistenti e si arrivano a sfiorare i 1.500 euro mensili. Solo dopo una quindicina di anni di servizio, con la qualifica di assistente capo, la busta paga supera quella soglia che, di fatto, fa perdere il diritto agli 80 euro di bonus.
LA TRUPPA
Una situazione che rigurda almeno il 75% degli agenti perchè, a causa del mancato turn-over prodotto dai tagli di spesa che ha caratterizzato gli ultimi anni, la maggioranza dei dipendenti ai livelli più bassi in polizia ha maturato una discreta anzianità di servizio. Con il risultato che la maggior parte si è vista aumentare lo stipendio poco oltre la soglia di reddito (circa 1.530 euro netti) che annulla lo sgravio del governo. Le cose non cambiano molto se si dà uno sguardo agli altri corpi, dove pure la componente truppa è numericamente meno nutrita. Anche nell'arma dei carabinieri (sono circa 105 mila, il corpo più numeroso dello Stato) si entra e si incassa un primo stipendio di 1.380 euro netti. E la progressione di carriera e di guadagno, fino alla qualifica di appuntato scelto con 8 anni nel grado, ricalca i meccanismi in vigore nella polizia.
IL MANCATO TURN OVER
Ma c'è la differenza non da poco che il ricambio generazionale, in questo comparto, è stato un pò più sostenuto negli ultimi anni, tanto che diversi giovani carabinieri incassano gli 80 euro. Ancora migliore, dal punto di vista degli scatti di carriera, la situazione in Guardia di finanza, un corpo nel quale militano 60 mila persone. Perchè è vero che il finanziere neo-assunto gode dell'identico trattamento riservato a poliziotti e carabinieri. Ma successivamente i percorsi si divaricano consentendo agli uomini delle Fiamme gialle un cursus honorum più rapido e vantaggioso sul piano retributivo. Bonus o meno, comunque, gli uomini in divisa hanno dovuto sopportare sacrifici importanti sul piano salariale. Tra blocco dei contratti (si va avanti così dal 2010), mancati scatti di mansione, tagli a indennità, straordinari e altre voci accessorie, gli appartenenti alle forze di polizia hanno lasciato sul terreno 2,3 miliardi di euro in 5 anni. Con un sacrificio medio pro-capite di circa 2 mila euro l'anno. Che sale al crescere della classe gerarchica e dunque del reddito. Il Sap, il sindacato autonomo di polizia, calcola che un ispettore di polizia o un maresciallo dei carabinieri con circa 18 anni di servizio, stop agli scatti di stipendio e mancati rinnovi contrattuali, ha perso 420 euro al mese in busta paga. Che diventano anche 550 se a quelle due voci si aggiunge anche il blocco degli straordinari che ha riguardato praticamente tutti i corpi di ogni ordine grado. Un disagio economico acuito da condizioni di lavoro che con il passare del tempo si fanno sempre più pesanti.
LE PROSPETTIVE
Nel giro di 10 anni, la pianta organica delle cinque forze di polizia, che nel 2005 contava su circa 330 mila lavoratori, si è ridotta di circa25 mila unità. E con i piani che ha in mente il governo questa tendenza si consoliderà nel prossimo futuro. Per il 2014, sono in programma 2.500 assunzioni per rimpiazzare chi è andato a riposo ma le nuove leve copriranno solo il 55% dei pensionamenti. Il che vuol dire che chi resta in servizio dovrà sobbarcarsi una mole di lavoro più pesante rispetto a prima. Con conseguenza funzionali imprevedibili.

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