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Pescara, 24/11/2024
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10/09/2014
Il Centro
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Rimborsi, caos Pd in Emilia-Romagna. Indagati due candidati alle primarie per le regionali. Richetti si ritira, Bonaccini resiste. Boschi: mi auguro che chiariscano |
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BOLOGNA Matteo Richetti indagato. Stefano Bonaccini pure. L’accusa è di peculato nell’ambito dell’inchiesta “Spese pazze” della Regione Emilia Romagna. Sul primo pesa l’utilizzo improprio di una auto blu, sull’altro rimborsi da giustificare per alcune migliaia di euro. Sulla Regione Emilia Romagna che tra poco più di due mesi andrà alle urne pesano come macigni. Il segretario Matteo Renzi per ora tace - all’uscita dagli studi di “Porta a Porta” ha declinato ogni domanda - ma non potrà fare finta di nulla. A parlare, invece, è Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme. Che dice: «Non è stato Renzi a chiedere a Richetti di non candidarsi - riferendosi all’uscita di scena di ieri, attorno alle 13, quando ancora la notizia dell’indagine non era nota - Mi auguro che Bonaccini possa dimostrare la sua innocenza, adesso valuterà lui cosa fare». Quello che ieri ha vissuto il Pd è stato un ribaltone di proporzioni impossibili da prevedere. Che l’inchiesta bolognese stesse volgendo al termine si sapeva, ma nessuno pensava che avrebbe portato a questo stravolgimento politico: Richetti che si ritira, Bonaccini che prova a resistere. Paradossalmente, ad essere indagate sono le primarie del centrosinistra e in particolare del gruppo Pd. Almeno otto consiglieri sono indagati - e ieri sera alla Festa dell’Unità di Modena, nel caos più totale, si facevano anche i nomi di altri modenese - e tra questi quelli che fino a ieri erano i due principali sfidanti per raccogliere il testimone di Vasco Errani. Con tempismo olimpico, nella giornata in cui si dovevano presentare le firme degli iscritti per la candidatura alle primarie che porteranno a scegliere il candidato presidente del Pd per l’Emilia Romagna, il primo a rompere gli indugi era stato Matteo Richetti. Si era fatto da parte, dicono quelli più vicini a Bonaccini dentro al Pd, non a causa dell’avanzare dell’inchiesta ma in virtù di un accordo con Bonaccini: corre il segretario regionale e il parlamentare si fa da parte per unire il partito ed evitare una campagna elettorale fratricida. Sarà, ma due ore dopo si faceva già molta fatica a crederci, e con la conferma in serata del coinvolgimento di Bonaccini che la politica fosse di fronte ad un “caso Emilia” era fin troppo chiaro. Entrambi non hanno ricevuto avvisi di garanzia e dalla procura di Bologna non arrivano commenti né conferme. In Emilia-Romagna non è infatti ancora stata chiusa la maxi-inchiesta delegata alla Gdf e avviata due autunni or sono, in concomitanza con altre indagini simili in varie altre regioni, dove si stanno già celebrando i processi. L’impressione è che per definire le ultime posizioni dei consiglieri regionali emiliano-romagnoli manchi ancora un mese. A quel punto le primarie del 28 settembre saranno ormai un ricordo. Per scoprire di essere indagati sia Bonaccini, segretario regionale Pd autosospeso e responsabile nazionale enti locali nella segreteria Renzi, che il deputato ed ex presidente del consiglio regionale Richetti hanno così dovuto mandare in Procura i loro avvocati a fare istanza ex 335 del codice di procedura penale, il modo per sapere se ci sono procedimenti pendenti a proprio carico. Risposta positiva e Pd che cola a picco cercando un appiglio per poter almeno galleggiare.
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