SULMONA Per l'Abruzzo è motivo di orgoglio e prestigio, anche se la designazione di Giovanni Legnini al Consiglio superiore della magistratura dove andrà a ricoprire la vicepresidenza (di fatto la massima carica, essendone a capo per Costituzione il presidente della Repubblica), priva la regione di un uomo di governo, uno che negli anni ha dimostrato di sapersi muovere nei palazzi e che in cassa ha portato diversi «contanti», non ultimi quelli del decreto Sblocca-Italia: 62 milioni di euro per la Fondovalle del Sangro e 69 milioni di euro per il sistema idrico di depurazione. Un mezzo problema per l’Abruzzo, insomma, forse anche qualcosa di più.
L'avvocato da Roccamontepiano ne ha fatta di strada in appena dieci anni, quando cioè nel 2004, con l'elezione di Ottaviano Del Turco al Parlamento europeo, subentrò al suo posto in Senato, senza più uscirne, se non per andare, nelle ultime elezioni, alla Camera. Così ieri il sottosegretario all'Economia del governo Renzi, ha lasciato palazzo Chigi per trasferirsi a quello dei Marescialli, per ricoprire una delle prime cinque cariche istituzionali dello Stato. Un trasferimento che, allo stesso tempo, apre nel suo Abruzzo una questione politica di non facile soluzione, perché al suo posto, in Parlamento, dovrebbe entrare il vicepresidente della Regione Giovanni Lolli, scombussolando così il difficile equilibrio costruito nell'esecutivo di Luciano D'Alfonso (di cui Lolli è unico assessore esterno). Valutazioni politiche, Legnini, preferisce non farne; ma nella sua voce si avverte la soddisfazione per una elezione che lo porta ai vertici delle istituzioni: l'organo di autogoverno della magistratura, quello che dispone assunzioni, trasferimenti, procedimenti disciplinari, nomine di magistrati in Cassazione e che avrà voce in capitolo per il riordino della geografia giudiziaria, tutta da definire in Abruzzo dopo la proroga, ottenuta proprio da Legnini, al 2018.