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Data: 11/09/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Ed. Nazionale - Csm, spunta Legnini per la vicepresidenza. Un mediatore per Palazzo de’ Marescialli: è l’uomo forte dei democrat in Abruzzo

ROMA Nulla di fatto, ancora una volta, per la Consulta. Hanno votato fino a tarda sera, sperando sulla tenuta di un accordo sui nomi in lizza per la Consulta e il Csm, inseguito per tutta la giornata. Da quando, di buon mattino, Camera e Senato hanno cominciato a votare per eleggere i giudici non togati, a scrutinio segreto, con democratici e forzisti che votavano scheda bianca per non raggiungere il quorum. Per il Csm invece passano i democrat Legnini e Fanfani.
A Massimo Brutti, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha infatti preferito il sottosegretario al Mef Giovanni Legnini, candidato alla vicepresidenza del Csm: prezioso per garantire l’equilibrio nel Csm alle prese con la riforma della giustizia, ma anche a calmierare le questioni interne alla segreteria democratica. Come pure la candidatura del fiorentino Stefano Passigli ha avuto vita brevissima, in favore di quella di Giuseppe Fanfani, sindaco di Arezzo e nipote di Amintore, oltre che uomo fidato della ministra Maria Elena Boschi. Eletti entrambi, rispettivamente con 524 e 429 voti. A chiudere la rosa piddina, Teresa Bene, avvocata e docente napoletana. Il quarto posto appannaggio del Pd, è stato invece ceduto all’alleato Scelta civica che ha indicato l’ex ministro Renato Balduzzi, assai vicino alla sensibilità democratica, mentre Nuovo centrodestra ha schierato Antonio Leone. Anche i grillini, alla fine, hanno accettato di essere della partita, con un proprio un candidato, il giusrista Nicola Colaianni, sponsorizzato da Aldo Giannuli. Tutti nomi condivisi da Forza Italia che, per il Csm ha proposto la senatrice Elisabetta Casellati e l’ex sottosegretario alla Giustizia Luigi Vitali, mentre per la Consulta ha indicato Antonio Catricalà, confermando l’appoggio al candidato del Pd Luciano Violante.
CAOS FORZISTA

Ma è stato proprio lo schema per la Corte che ha mostrato dopo pochissimo delle crepe. Mentre discuteva dell’accordo con i parlamentari pd riuniti in assemblea, una telefonata dall’entourage dell’ex Cavaliere, ha fermato il vicesegretario democratico Lorenzo Guerini: «Fermatevi, votate solamente Violante. Il nostro candidato cambia, non è Catricalà».
Un fulmine a ciel quasi sereno, confermato dall’annuncio dei parlamentari forzisti che, nello scrutinio pomeridiano, avrebbero continuato a votare scheda bianca. Così, i parlamentari hanno votato nella speranza di portare a casa almeno l’elezione dei giudici del Csm, minata dai grillini che all’ultimo momento hanno cambiato le carte in tavola annunciando che un accordo è possibile soltanto sul nome di Alessio Zaccaria, venuto fuori dalla consultazione on line. Se Catricalà pare oramai affondato, il timore dei democratici è che porti con sé anche la candidatura di Violante che la sinistra del partito non gradisce, laddove per eleggere i giudici della Consulta serve una blindatura a prova di franco tiratore, per ottenere i 570 voti necessari. E invece l’ex presidente della Camera si è fermato a quota 429. Oggi si ricomincia.

Un mediatore per Palazzo de’ Marescialli: è l’uomo forte dei democrat in Abruzzo

ROMA Di lui dicono che sia un mediatore nato. Una dote alla quale Giovanni Legnini, da ieri vicepresidente in pectore del nuovo Csm, dovrà attingere a piene mani quando varcherà il portone di Palazzo dei Marescialli. Perché, storicamente, tutte le tensioni tra politica e magistratura prendono la strada che porta all’aula Bachelet. Le prime scintille tra l’esecutivo Renzi e l’Associazione nazionale magistrati sono nulla al confronto di pratiche ”pesanti” (il conflitto in procura a Milano, la nomina del prossimo procuratore capo di Palermo, in primis) che l’uscente Michele Vietti lascia in eredità al suo successore. Ma alla tenacia degli abruzzesi, Legnini accompagna una grande dose di pazienza tipica di chi sa condurre in porto le mediazioni. Cinquantacinque anni, sposato, due figli, impegnato in politica da quando ne aveva diciassette, più volte parlamentare del Pd e attuale sottosegretario all’Economia, ha avuto un ruolo chiave nella trattativa sul decreto Salva-Roma, che ha scongiurato alla Capitale il rischio default. Nel governo Letta, invece, aveva ricoperto l’incarico di sottosegretario all’Editoria.
Certo, il suo curriculum è ricco di incarichi di carattere economico: componente della Commissione Bilancio del Senato per tutta la durata dei suoi mandati parlamentari, vicepresidente della stessa Commissione per due anni dal 2006, relatore della finanziaria nel 2008 e della legge di stabilità nel 2013. Ma la formazione giuridica non gli manca. E’ avvocato cassazionista con specializzazione del diritto dell’impresa e della pubblica amministrazione. Sarà sufficiente a fargli passare l’esame per l’elezione a vicepresidente? A votarlo, a scrutinio segreto, saranno i 24 neo eletti consiglieri (16 togati e otto laici) e i membri di diritto del Csm (il Capo dello Stato, il Primo presidente e il Procuratore generale della Cassazione). La mediazione, che inaspettatamente lo ha portato a Palazzo dei Marescialli lasciando sul terreno candidati di spicco quali Giovanni Fiandaca o Massimo Brutti, anche stavolta potrebbe rivelarsi la carta vincente.

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