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Data: 13/09/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Lavoro, giù le tasse Scontro sul rigore il governo e l’economia

MILANO «Ridurre la tassazione sul lavoro». È il primo risultato emerso ieri alla riunione informale dell’Ecofin che si chiude oggi a Milano: «Ridurre il carico fiscale sul lavoro significa sostenere i consumi, stimolare l’offerta di lavoro e l’occupazione, così come migliorare la competitività e redditività delle aziende», recita la nota ufficiale. «Le riforme – continua la comunicato - dovrebbero mirare alle componenti rilevanti del carico fiscale e a specifici gruppi che affrontano le sfide occupazionali più impegnative». Un risultato in linea con quanto già annunciato da Renzi. Tuttavia, accerchiata dai rigoristi l’Italia è stata costretta in difesa. A spiazzare il nostro ministro dell’Economia, presidente di turno del Consiglio, è stato l’annuncio a sorpresa della Francia che giovedì, senza alcuna consultazione e piano di rientro finanziario, ha annunciato che resterà in deficit sino al 2017. «Parigi è Parigi», ha detto con una punta di ironia Padoan, «è normale che nella riunione dell’Eurogruppo e nell’Ecofin si parli della situazione di molti paesi, compresa, dunque, la Francia», ha detto il ministro. Ma la mossa di Parigi ha messo in difficoltà l’Italia che sperava di poter spuntare con un lungo lavoro di mediazione una maggiore flessibilità sui vincoli per finanziare gli investimenti. Non è un caso che sul vertice di Milano abbia aleggiato lo scontro verbale tra Renzi e il neo commissario alle Finanze Jyrki Katainen. «Alla Commissione europea non siamo maestri, siamo collaboratori. Stiamo solo valutando quanto i singoli Paesi stiano rispettando le promesse e gli impegni che hanno preso nei confronti degli altri Stati membri», ha detto il vicepresidente designato della nuova Commissione rispondendo al premier italiano che ieri mattina aveva twittato: «Noi rispettiamo il 3%. Siamo tra i pochi a farlo. Dall’Europa dunque non ci aspettiamo lezioni, ma i 300 miliardi di investimenti». Katainen, gradito alla cancelliera tedesca Angela Merkel, diventerà vicepresidente della Commissione con delega all’Occupazione e agli investimenti, diventando in pratica il coordinatore di tutti i portafogli economici del nuovo esecutivo comunitario, che si insedierà il primo novembre. Arrivando alla riunione informale Padoan ha tenuto a sottolineare che «il target del deficit al 2,6% era un obiettivo compatibile con un quadro macroeconomico diverso, ma comunque rispetteremo i vincoli». Nel difficile braccio di ferro con i rigoristi anche ieri a Milano Draghi ha svolto un importante ruolo di analisi puntuale della situazione economica: «Il secondo trimestre ha visto uno stallo della crescita dopo tre trimestri di ripresa. Continuiamo a ritenere che la ripresa continuerà a ritmo modesto. È fragile, non omogenea, ma sta continuando», ha sottolineato il presidente della Bce che ha ribadito che «bisogna proseguire sulla strada di riforme strutturali più ambiziose, strumento necessario per il ritorno degli investimenti. Le misure di politica monetaria - ha concluso Draghi - da sole non possono bastare». Lo sforzo è sempre lo stesso: insistere affinché Bruxelles apra la porta a deroghe specifiche sulla spesa per investimenti ma ieri la parola flessibilità sembrava quasi bandita salvo una timida apertura del presidente dell’Eurogruppo. «Ci atterremo alle regole e alle strategie di consolidamento amiche della crescita che dovranno continuare con una componente di flessibilità», ha detto Jeroen Dijsselbloem. Secondo Padoan sul patto per la crescita da parte della Germania «non ci sono resistenze. C’è accordo. C’è una forte convergenza sull’idea che gli investimenti sono essenziali in tutta Europa per la crescita, i cui elementi fondamentali sono riforme strutturali che migliorano l’ambiente per le imprese, e più efficacia negli strumenti di finanziamento per attirare i capitali». Si delineano anche i settori italiani dove vanno destinate le risorse: Ict, energia, trasporti, creazione del mercato unico digitale e green economy.

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