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Data: 17/09/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Atac, le consulenze d’oro «anche per usare i tornelli». Dossier sulle spese pazze dell’azienda: «Oltre 11 milioni per prestazioni esterne»

I rapporti personali della terna che avrebbe dovuto salvare Atac, Improta-Broggi-De Paoli, cominciano a incrinarsi. Il grande imbarazzo causato dal tentativo dei vertici di far passare lo scorso luglio una delibera che prevedeva premi milionari per i dirigenti, a fronte di tagli per autisti e operai, non è l’unico inciampo causato al Campidoglio. A infilare nuovamente il dito nella piaga è una relazione ispettiva protocollata al collegio dei sindaci poco prima dell’estate, firmata dal super perito Renato Castaldo, che fa notare come fino a poco tempo fa l’azienda pagasse ancora consulenze esterne per undici milioni e mezzo. Il dossier punta il dito non solo sull’enormità di quelle legali (avvocati, studi e notai), pagate nel 2012 e nel 2013 nonostante l’azienda disponga di un ufficio legale con già una cinquantina di dipendenti, ma pure riguardo a quanto comunicato in sede di auditing e in sede di bilancio dai vertici di Atac. Ci sarebbero due conteggi diversi nei quali entrano ed escono competenze milionarie per svariati consulenti. Un’incongruenza che potrebbe aprire capitoli pericolosi.
IL PRECIPIZIO
Ecco, quindi, che un’azienda ancora sull’orlo del precipizio ha continuato fino allo scorso gennaio a pagare milioni di euro di consulenze e prestazioni, come quelle per i tornelli (545mila euro), o per la bigliettazione (484mila), o per il software (600mila). Nel 2013, quindi, le spese complessive ammontavano a 11,5 milioni di euro, in leggero calo rispetto all’anno precedente (12 milioni; nel primo trimestre 2014 la cifra si è abbassata di molto). Ma sono soprattutto avvocati e notai a comparire un po’ ovunque, tanto che nella relazione viene sollevata la necessità di distinguere con precisione le spese legali, dalle consulenze legali e da quelle tecniche, i tre «contenitori» dove all’occorrenza finisce la voce «studi legali». Il tema, infatti, rimane quello delle risorse e dei 400 milioni che servono per ricapitalizzare la società. Soldi che il Comune, socio unico, dovrà racimolare prima del prossimo bilancio.
LA CESSIONE
E mentre il rischio fallimento non è scongiurato, come qualcuno vorrebbe far pensare (anche in vista di una rivisitazione governativa delle tariffe), un altro retroscena aleggia come una spada di Damocle sulla testa di Atac: la cessione della linea della Regione, la Roma-Lido, oggi gestita dall’azienda di Tpl romana, ai francesi del gruppo Ratp-Cilia, data quasi per certa nonostante sia necessario un bando per l’assegnazione. La Roma-Lido, però, è la prima linea metropolitana della Capitale, e a regime - secondo esperti Atac - potrebbe garantire buoni ricavi. Ad Atac, quindi, servirà qualcosa di più dell’annuncio di infilare nei bus qualche dirigente per controllare i portoghesi, operazione annunciata ad ogni cambio di vertice anche negli anni passati. E nemmeno la razionalizzazione delle linee (unica vera novità, messa in piedi da Improta) basterà a scongiurare il rischio di tracollo. Perché oltre ai 400 milioni che il Comune dovrà versare cash per ricapitalizzare l’azienda, c’è pure il contratto di servizio. E le decine di milioni che serviranno per rimettere in piedi una flotta di bus che ha quasi 300 mezzi fermi nei depositi, un sistema metro da revisionare, sottostazioni e stazioni da rivedere. Intanto proprio Improta, da indiscrezioni, starebbe pensando a Giancarlo Schisano, vice dg dell’ex Alitalia, come nuovo timoniere per guidare Atac verso la salvezza.

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