Iscriviti OnLine
 

Pescara, 24/11/2024
Visitatore n. 740.944



Data: 18/09/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Piccole aziende, più tutele per i lavoratori. La nuova disciplina sui licenziamenti varrà anche per le assunzioni nelle imprese con meno di 15 dipendenti

ROMA Più tutele e garanzie per tutti i lavoratori. Al di là della dimensione dell’azienda e anche dalla tipologia di occupazione scelta (dipendente, libera professione, collaboratore). È questa la meta che il premier Renzi vorrebbe raggiungere con le nuove regole del Jobs act, la moneta di scambio che vuole proporre a chi nel suo stesso partito minaccia barricate a difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: una riforma che estende sistemi di protezione a chi oggi ne è tagliato fuori. A partire dai professionisti del precariato in tutte le svariate forme (collaboratori e partite Iva, per esempio), ma anche i dipendenti delle piccole aziende, quelle che sono sotto la famosa soglia dei 15 dipendenti per le quali non si è mai applicato lo Statuto dei lavoratori. Ieri il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, lo ha sottolineato: la riforma porterà a «regole uguali per tutti» nel momento del licenziamento e in quello successivo di accompagnamento per la ricerca di un nuovo lavoro. Così il premier che, parlando a Torino, oltre a citare l’esempio dei dipendenti delle piccole aziende, ha allargato il campo alla «maternità»: «Dobbiamo garantirla anche a chi ha la partita Iva o a chi non è coperto dalle casse della categoria». Due quindi le linee di intervento per estendere le tutele: l’indennità in caso di licenziamento individuale, e gli ammortizzatori sociali.
SERIE A E SERIE B

Il contratto a tutele crescenti sarà sostitutivo del contratto a tempo indeterminato e verrà applicato anche alle nuove assunzioni delle aziende con meno di 15 dipendenti (giovani e meno giovani, prima occupazione o reinserimento). È un punto fermo (uno dei pochi) dell’emendamento presentato dal governo. Quindi in caso di licenziamento anche a questi lavoratori sarà riconosciuta un’indennità proporzionale all’anzianità aziendale. Attualmente - è bene ricordarlo - i dipendenti delle piccole aziende non hanno la reintegra (salvo i casi di licenziamento discriminatorio o nullo perché ad esempio riguarda donne incinte o «in concomitanza del matrimonio»); per i licenziamenti illegittimi è già previsto un risarcimento economico compreso tra 2,5 e 6 mensilità. Con la riforma sarà più consistente? Dovrebbe, se davvero si vuole uniformare il loro trattamento a chi lavora nelle imprese più grandi (indennizzo dopo la riforma Fornero: 12/24 mensilità). L’emendamento rinvia al ministro la messa a punto, nell’ambito dei decreti delegati, delle norme dettagliate. Quindi in questo momento non è dato sapere quale sarà l’ammontare dell’indennizzo. «Più è alto il costo di separazione, più il rapporto è stabile» spiega il senatore Ichino. E per questo suggerisce di mettere in conto all’azienda che licenzia anche il trattamento complementare di disoccupazione: una cifra, versata mensilmente al lavoratore per un anno, che integra l’Aspi. Con il contratto di ricollocazione (nuovo strumento previsto dalla delega), il lavoratore si impegnerà a sua volta in corsi di formazione e ad accettare offerte di lavoro, pena la perdita parziale o totale del sostegno. La delega prevede anche un riordino degli ammortizzatori sociali, a partire dalla cig, istituto dal quale attualmente sono esclusi i lavoratori delle piccole aziende (quella in deroga scomparirà a fine 2015), le partite Iva e i collaboratori.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it