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Data: 21/09/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
La Cgil: «Basta insulti, discutiamo» La Cisl di Bonanni apre e attacca Camusso

ROMA La stizza delle prime ha lasciato lascia il campo a toni più concilianti. Dopo i paragoni del segretario Susanna Camusso («Renzi ha in testa il modello della Thatcher»), la Cgil apre il canale twitter per indirizzare un messaggio distensivo. «Basta insulti al sindacato: guardiamoci negli occhi e discutiamone» il suggerimento on line della confederazione di Corso Italia. La quale rigetta l'accusa del premier di pensare solo alle ideologie («Da sempre ci battiamo per estendere diritti e tutele, Renzi vuole fare lo stesso?») confermando la ragione di fondo del dissenso nei confronti di Palazzo Chigi: «Non vogliamo che chi lavora possa essere licenziato senza una ragione». Insomma l'articolo 18 ed il diritto al reintegro sotto attacco sembrano essere un elemento irrinunciabile per la Cgil. Come ha argomentato ancora Camusso parlando in serata a La Spezia. «Matteo Renzi sbaglia a non mostrarsi favorevole al dialogo sulle questioni poste dal Jobs Act - ha ammonito la leader sindacale - perchè non si possono affrontare temi estremamente importanti come questi senza il dialogo e il confronto e soprattutto con atti di forza che tolgono i diritti a chi li ha, senza dare nessuna prospettiva al mondo del precariato».
IL DIALOGO POSSIBILE
La Camusso ha poi ribadito che la Cgil ha delle proposte e pensa «sia utile confrontarsi: se il governo continua nello stesso atteggiamento che ha avuto in questi mesi di rifiuto di qualunque dialogo, proseguiremo con la nostra iniziativa e la nostra mobilitazione». Quando il precariato avanzava, ha poi puntualizzato, «noi eravamo nei luoghi di lavoro a fare contrattazione, nelle piazze a contestare leggi che la politica ha fatto per determinare la precarietà. Molti dovrebbero domandarsi che cosa hanno votato nel corso di questi anni e se non abbiano la responsabilità di un mercato del lavoro così duale». A giudizio dell'esponente sindacale, quindi, «dobbiamo ricomporre il mercato lavoro che è molto frantumato, investire sulla formazione, abrogare tutte le forme di precarietà e di dumping salariale, ricostruire un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e le garanzie: ma bisogna farlo con tempi ragionevoli e che non siano la moltiplicazione dei tempi determinati e delle altre forme che abbiamo visto fare anche dal governo Renzi». Le mosse del governo, comunque, stanno provocando qualche divisione tra le parti sociali.
L’APERTURA
Un'apertura più decisa, infatti, è arrivata dal leader della Cisl, Raffele Bonanni, che ha preso le distanze dalle espressioni di Camusso e non ha chiuso la porta di fronte all'ipotesi di una rimodulazione dell'articolo 18. «Io penso che il presidente del Consiglio - ha detto Bonanni - nonostante le parole pesanti usate faccia bene a mantenere questo profilo. Un umile consiglio che posso dargli è di continuare a mantenerlo. Perché quando si sgarra dall'altra parte, gli sbagli si commentano da sé». Entrando nel merito dei temi caldi in discussione in questi giorni, Bonanni ha spiegato: «A me interessa discutere le vicende nel complesso e capire le intenzioni del governo. Cioè se quest'ultimo ha intenzione di finirla con l'area precaria più pesante che abbiamo nel Paese. Un esercito di giovani truffati, che non risolveranno i loro problemi con il contratto a tutele crescenti se non si aboliscono le false partite Iva, i Co.co.co nella pubblica amministrazione e i Co.co.pro:gente che non possiede un salario, non ha previdenza, non ha nulla. Questi- ha concluso Bonanni- devono andare dentro il contratto a tutele crescenti, che a quel punto avrebbe senso». Sul fronte governativo, il sottosegretario Graziano Delrio ha assicurato che l’esecutivo «non ridurrà alcun diritto» superando invece «vecchi tabù». Mentre il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha invitato i sindacati a mettere a lasciarsi alle spalle gli ideologismi. «Io credo che sia un momento di profondo cambiamento culturale del Paese» ha detto Giannini aggiungendo che «il lavoro è una battaglia primaria per ridare respiro all'occupazione in Italia, ma altrettanto, è la sfida educativa che il governo ha lanciato».

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