ROMA Un mese, al massimo due, per ogni anno lavorato fino a un limite di 24 mesi. E' questo lo schema che ha in mente Matteo Renzi quando si riferisce al diritto all'indennizzo destinato a chi verrà licenziato nell'Italia senza più l'articolo 18. Cancellato per tutti ad eccezione, per il momento, di chi è stato assunto con le regole attuali e di chi può dimostrare al giudice di essere stato allontanato per ragioni discriminatorie. Le sole alle quali aggrapparsi per ottenere, domani, il reintegro sul posto di lavoro.
Ai suoi il premier continua a ripetere che sulla questione non torna indietro. Ed escludendo di ricorrere all'arma micidiale del decreto, pretende che la legge delega sia approvata dal parlamento in questi termini entro l'8 ottobre. Un risultato che, nella strategia di Palazzo Chigi, permetterebbe al governo di presentarsi a Bruxelles con le carte in regola per ottenere più flessibilità sui conti pubblici.
IL TAGLIO AI CONTRATTI
Se l'ex sindaco di Firenze avrà ragione delle resistenze interne nel Pd e tirerà dritto nonostante i venti di protesta che sibilano tra i sindacati, le regole che governano il mondo del lavoro e le relazioni tra le parti sociali subiranno un terremoto. Via l'articolo 18, riduzione delle attuali tipologie di contratto da 46 a 3 (partita Iva, contratto e tempo indeterminato o determinato), estinzione dei co.co.pro e cancellazione della cassa integrazione straordinaria e in deroga. Resta solo quella ordinaria, per la quale è prevista comunque una riforma. In queste ore, gli uomini che accompagnano Renzi in questo passaggio delicatissimo ripetono che la strategia è quella di sparigliare le carte introducendo regole che possano dare una scossa al mercato del lavoro superando la divaricazione tra super garantiti e precari. E' vero, ragionano a Palazzo Chigi, l'assunzione non avrà più il paracadute dello Statuto del lavoratori («solo poche centinaia di cause finiscono con il reintegro» avverte chi è vicino al premier) ma, oltre al risarcimento post licenziamento che «crescerà in maniera geometrica» con gli anni di permanenza sul posto di lavoro, saranno potenziate le politiche attive e passive a sostegno di chi resta a spasso e di chi oggi cerca un impiego senza trovarlo.
LE NUOVE INDENNITÀ
E, dunque, nella legge di Stabilità si punta a finanziare con almeno 2 miliardi di euro l'assegno di disoccupazione che sarà esteso a tutti quelli che vengono licenziati. Rispetto alle modifiche apportate dal ministro Fornero con l’introduzione di Aspi e mini-Aspi, vi saranno alcune modifiche. Uno, la durata: massimo sei mesi per gli atipici, non più di due anni per i lavoratori dipendenti (quando invece adesso l'Aspi è nel 2014 di otto mesi per gli under 50, dodici nella fascia 50-55 anni, quattordici per gli over 55). Due, i requisiti: sarà sufficiente aver lavorato almeno tre mesi mentre adesso per l'Aspi occorrono 52 settimane di "bollini" e per la mini-Aspi (ex requisiti ridotti) 13 settimane lavorative nei dodici mesi prima di perdere il lavoro. Tre, l'importo: finora è il 75% della retribuzione ma con un massimo di 1.180 euro, si conta di farla arrivare attorno ai 1.300 euro mensili nei primi mesi ma scendendo fino a 700 euro con una diminuzione del 15% al passaggio da un semestre all'altro. Nei progetti del governo c'è anche la volontà di introdurre meccanismi premiali per le aziende che non licenziano.
E, in questa logica, rientra anche il piano di riformare il meccanismo della cassa integrazione. Per quella ordinaria, destinata a sopravvivere, è prevista una riforma che penalizza le aziende che vi fanno ricorso attraverso un aggravio dei contributi che gravano sulle aziende. E questo perchè prima di arrivare alla cassa integrazione, si vuole spingere le imprese a ridurre l’orario di lavoro, attraverso i contratti di solidarietà.