Troppo stress, è la ragione ufficiale. Camillo D’Angelo lascia l’incarico di capo di gabinetto del sindaco Marco Alessandrini, e chi lo conosce bene sa che non deve essersi trattato affatto di un capriccio. L’ex dirigente Inps, un vita in politica, non è tipo da arrendersi al primo ostacolo e quanto a stress, ha già superato una prova al limite dell’impossibile tra dicembre 2008 e la primavera successiva, ereditando il timone della città da Luciano D’Alfonso, stoppato dall’inchiesta che lo ha poi visto assolto in primo grado insieme a tutti gli altri indagati. Toccò a D’Angelo, da vice sinaco, guidare l’amministrazione sino alle urne, con un Pd ridotto ai minimi storici nei sondaggi: «Un giorno sì e l’altro pure avevo nella mia stanza carabinieri, polizia e guardia di finanza a sequestrare quintali di carte», ricorderà D'Angelo. Si vota a giugno e D'Angelo si candida tornando in consiglio comunale a furor di popolo, anche se all’opposizione. È la chioccia di un gruppo giovane, frutto dell’inevitabile ricambio. Saranno cinque anni di opposizione durissima all’amministrazione di Albore Mascia. Altro stress. Si torna al voto nel maggio scorso in un clima profondamente cambiato. D’Angelo decide di non candidarsi, ma si piazza nel comitato di Marco Alessandrini da regista discreto della campagna elettorale. Il nuovo sindaco lo chiama ovviamente nel suo staff. D’Angelo dice sì, ma le opposizioni questa volta attaccano: compenso troppo alto. È la prima volta che lui si sente nel mirino, forse umiliato da tante voci. Ne esce con lo stile di sempre: «Troppo stress».