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Data: 23/09/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Psicodramma dem, i giovani non ci stanno «La Cgil difende un mondo di 20 anni fa»

ROMA No, il dibattito, no? Sì, il dibattito, sì! Le sezioni del Pd (già da un po’ si chiamano circoli) sembrano rianimarsi di colpo. Per non dire del web democrat e di tutti gli altri luoghi popolati dalla mitica base. Stai con Renzi o con la «vecchia guardia»? Evviva il Jobs Act o la legge sul lavoro è di «estrema destra», dettata da Sacconi, da Berlusconi, dalla Ue e forse dalla Trilateral? Lo scontro è generazionale più che congressuale. C’è il venticinquenne cuperliano, che non votò Renzi alle primarie del 2013, il quale alla sezione Testaccio - 400 iscritti e alcuni di loro appesero uno striscione sotto casa di Letta quando lasciò Palazzo Chigi con su scritto: «Grazie Enrico» - è per la linea del governo perchè la vede più in sintonia con i problemi reali del lavoro oggi. C’è Giuseppe Ciraolo, siciliano di 27 anni, iscritto alla sezione Parioli, ex segretario dei giovani democrat della zona: «Il Pd di Bersani prendeva i voti soprattutto tra i pensionati del sindacato Spi e nella Cgil, non parlando affatto o parlando poco ad altri settori e ad altere fasce sociali. Adesso, con la legge sul lavoro il Pd può parlare a tutti e in particolare ai più giovani». Articolo 18 sì o no? «Non è questo il punto», incalza Giuseppe, che naturalmente ha lavori precari: «Il punto vero è che nel lavoro deve cambiare molto, perchè il mondo è cambiato e gli unici a non cambiare sono i sindacati e una parte della nostra sinistra, abbarbicata in certezze ideologiche consolatorie ma che hanno chiaramente fatto il loro tempo». Giuseppe o la trentenne Iside del circolo di Trastevere (a differenza dei tre anziani compagni della mitica sezione di via dei Giubbonari dove era iscritto Giorgio Napolitano che dicono: «La foto del segretario Renzi al muro non la mettiamo, ci teniamo quelle di Gramsci, di Berlinguer e di Nilde Jotti») sono parte di quel popolo della sinistra, iscritti e elettori, che dal sondaggio appena sfornato dalla Coesis Research, a cura di Alessandro Amadori, è diviso così: tre votanti del Pd su quattro sono a favore del Jobs Act.
PERCENTUALI

Amadori spiega: «La maggioranza degli elettori democrat si rende conto che della grave situazione italiana e pensa che sia venuto il momento di soluzioni pragmatiche. Pensano che serva uno scossone all’economia e al mondo del lavoro e che bisogna risolvere i problemi e non arroccarsi». Voglia di scissione, nella mitica base, non c’è nè da una parte nè dall’altra. Qualcuno, nella sezione di Tor Bella Monaca, si diverte a far girare questo tweet: «Con la scusa dell’articolo 18, la minoranza del Pd sta cercando un modo per ottenere il suo reintegro tra gli elettori del Pd». Nella sede di via dei Giubbonari, gli anziani sono piuttosto abbattuti, di fronte alla scossa sul lavoro. Parlate molto del Jobs Act? Coro di vecchietti: «Vede quanto ne parliamo?». E indicano la sala: deserta. Al circolo di Trastevere, altra atmosfera. Gli iscritti, qui come altrove, hanno appena ricevuto la lettera di Renzi («Volete un Pd al 25 o al 41 per cento?») e la risposta della giovane Iside Castagnola, del direttivo di Trastevere, è così: «Quello che non serve è il dibattito ideologico e la riapertura del congresso intorno a un tema così drammatico come quello del lavoro. Questa riforma è uno strumento innovativo, per un tessuto sociale profondamente diverso rispetto a quello di venti anni fa». E ancora: «Bisogna portare il discorso sui bisogni reali e concreti di tutte le persone di cui il sindacato e la politica finora non si sono mai occupati».
VECCHI VIZI

Ecco la sezione Testaccio. Il segretario è una giovane donna, Claudia Santoloce, 31 anni. Aveva votato Cuperlo, aveva manifestato in difesa di Letta sotto la sua abitazione quando Renzi lo sfrattò da Palazzo Chigi. Premette, alla Nanni Moretti: «Vogliamo continuare a farci del male? No, abbiamo già dato. Renzi è una speranza per tutti, e se non riesce a fare questa riforma e altre riforme, si va a votare e meglio così». Accanto a Claudia, c’è Aurelio Mancuso, leader nelle battaglie sui diritti civili, iscritto a Testaccio. Spiega: «La base è stanca dei soliti insulti che stanno cadendo dall’alto: sei di destra, sei un massimalista, sei un traditore del popolo. Aggrediamoci di meno e cerchiamo di trovare una buona legge per ridare lavoro». Vincerà la mozione Mancuso?

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