ROMA «È stato un viaggio interessante e impegnativo, partito dal futuro della Silicon Valley per dire che l’Italia può pensare al futuro, non deve limitarsi a rappresentarsi come una grande nazione del passato». Matteo Renzi, prima di rientrare a Firenze per fare il testimone di nozze con la moglie Agnese all’amico imprenditore Marco Carrai, dall’aereo che lo sta riportando in Italia affida a un video messaggio il bilancio della “trasferta” americana. E, sfidando l’ormai ex amico Diego Della Valle che ha definito lui e Sergio Marchionne «due sòle» torna ad elogiare il numero uno di Fca, che «ha assicurato un futuro a due aziende che stavano fallendo». Ma proprio mentre il premier sparge ottimismo Susanna Camusso dall’assemblea generale della Fiom lancia l’altolà sulla riforma del lavoro. «Sarà sciopero generale» avverte la segretaria generale, «se il ddl delega sul jobs act sarà trasformato in un decreto». Una posizione rilanciata da Maurizio Landini che con Camusso sta lavorando alla grande manifestazione del 25 ottobre quando il sindacato dei metalmeccanici conta con la Cgil di portare in piazza un milione di persone «per non tornare all’Ottocento» come scandisce Camusso dal palco. È un premier in camicia azzurra quello che parla agli italiani dall’aereo, un po’ sulla falsa riga di quanto fa il Papa quando è in missione. Solo che in questo caso il messaggio è rivolto direttamente agli italiani e viene trasmesso sul canale YouTube del governo con il titolo “Diario bordo del viaggio negli Stati Uniti d’America”. «In questa missione negli Stati Uniti, impreziosita da vari incontri a partire da quello con Obama, Bill e Hillary Clinton, abbiamo ricordato soprattutto una frase, quella di un grande personaggio delle Nazioni Unite, Dag Hammarskjöld: lui diceva “al passato grazie, al futuro sì”. Se ci pensate è un po’ l’emblema dell’Italia, e forse, anche di tanti uomini e donne che continuano a credere che l’Italia non sia un Paese finito», dice. «L’Italia è un Paese infinito pieno di risorse e bellezze, torniamo da questi cinque giorni convinti che l’Italia debba ancora scrivere la sua pagina migliore e tutti insieme la scriveremo». Renzi racconta il suo intervento all’Onu, dove, spiega «ha voluto portare la dignità e l’orgoglio di 60 milioni di italiani che sanno che civiltà, libertà, bellezza e uguaglianza e il no alla pena di morte sono valori e diritti storici per il nostro Paese». Il giorno prima invece, proprio nell’ultima tappa, quella della visita agli stabilimenti Fca, il premier era tornato sull’articolo 18, chiedendo a chi fa muro in suo difesa perché se è un diritto costituzionale sia applicabile solo ad alcuni lavoratori e non a tutti. «Così creiamo lavoratori di serie A e di serie B», aveva detto nella giornata in cui anche il numero due della Cei, Galantino, aveva attaccato il premier invitandolo a smetterla con gli slogan e a occuparsi di lavoro e di famiglia. Parole significative soprattutto perché arrivate in una settimana che ha visto l’affondo del Corriere, quello del patron di Tod’s, la rivolta del sindacato e la lacerazione nel Pd sulla riforma del mercato del Lavoro. Alla vigilia delle direzione dem che dovrà contarsi sulla riforma del lavoro, monsignor Angelo Bagnasco torna sull’argomento. L’articolo 18? «Non è un dogma di fede» ma ogni decisione che verrà presa «deve mirare a un solo obiettivo: creare posti di lavoro, o non serve», dice il numero uno della Cei. Intanto nel Pd si lavora a una mediazione, è il sindacato a dare voce alla protesta. Camusso e Landini prenotano piazza San Giovanni per una grande manifestazione «all’insegna del cambiamento del nostro Paese» e chiedono a Uil e Cisl di ripensarci perché «la divisione è uno straordinario strumento nelle mani del governo. «Il jobs act e l’abolizione dell’art. 18 riportano a un’idea di lavoro servile», dice Camusso che propone invece una patrimoniale sulle grandi ricchezze. «Non abbiamo intenzione di accettare peggioramenti e stravolgimenti dei diritti dei lavoratori», avverte Landini.
Fassina: «Così il jobs act aggrava la precarietà». L’esponente della minoranza Pd: «Pronto a scendere in piazza con la Cgil»
ROMA «Chiedo a Renzi e a Poletti: che cosa significa per i neo assunti “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio”? Vuol dire che si cancella la possibilità di reintegro in caso di licenziamento senza giustificato motivo oppure che la tutela entra in vigore dopo un periodo tempo?». Stefano Fassina, ex responsabile economico del Pd bersaniano ed ex viceministro all’Economia, affila le armi in vista della direzione del Pd di domani. Senza troppe illusioni: la battaglia è impari perché in quell’organismo i renziani sono maggioranza. Come giudica il jobs act? «L’Italia si trova ad un passaggio delicato e le misure che si stanno prefigurando, come questa o la legge di stabilità, non riusciranno ad affrontare e dare risposte ai problemi più gravi. Si insiste sulla vecchia strada». Quale? «Invece di continuare a parlare di riforme strutturali come precondizione, sarebbe interessante capire dal governo cosa vuol fare - tanto più ora che siamo nel cosiddetto semestre a guida italiana - per correggere la rotta di quello che definisco mercantilismo liberista. La presidenza italiana parla di flessibilità ma non ha in agenda questo vero cambiamento. Sarà importante la legge di stabilità, se avrà cioè un segno espansivo o sarà la solita scelta legata al rigore». Torniamo al jobs act e al l’articolo 18. «Così com’è il provvedimento, aggrava la precarietà. Il disegno di legge delega è estremamente ambiguo con possibilità di attuazione anche di segno opposto. Ma non arrivano risposte anche ad altre domande». Vediamo almeno le più importanti. Il mancato reintegro è certamente uno dei temi centrali e chiari. «Lo è. Ma, intanto, devono spiegare cosa significa contratto a tutele crescenti. Il governo dovrebbe essere consapevole che in nessun Paese europeo al lavoratore è impedito il diritto di rivolgersi a un giudice per opporsi a un licenziamento senza giusta causa». Renzi dice che l’articolo 18 ha creato lavoratori di serie A e serie B. «Il problema è semmai di estendere le tutele. Come si indennizza la persona che lavora? Si vogliono eliminare le discriminazioni, ma si elimina la possibilità di reintegro. L’indennizzo vale anche per i licenziamenti esclusi dalla possibilità di reintegro e per le imprese sotto i 15 dipendenti? Oppure, rimangono lavoratori e lavoratrici di “serie B”?». Il governo è sottoposto a un fuoco concentrico. Che succede? «Il governo ha alimentato aspettative eccessive e l’illusione che si potessero risolvere rapidamente certi problemi e con ricette che però non si discostano da quelle dei conservatori europei». Andrà alla manifestazione della Cgil il 25 ottobre? «Se la vicenda del lavoro terminerà in modo positivo non ne avrò motivo. Ma se rimane l’attuale impostazione e quello che si prefigura per la legge di stabilità andrò certamente in piazza. Il problema è che il governo ha scordato che la democrazia si fonda sul confronto e sul dialogo sociale. Non veti, certo, ma confronto». Berlusconi si intesta questa riforma del lavoro ed è pronto a votarla. «Lo capisco. Il governo ha abbandonato le originarie posizioni del Pd e ora si è adeguato alle scelte del centrodestra e dei conservatori europei». Anche Marchionne sostiene Renzi. È un segnale di ciò che ha appena detto? «Mi colpisce questo asse, soprattutto perché smentisce il presunto conflitto del governo con i poteri forti. I poteri forti, quelli veri, mi sembra che sostengano con entusiasmo proprio l’esecutivo».