ROMA Il diritto al reintegro sul posto di lavoro rimarrà per i licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare. Scomparirà per i motivi economici. Sarà questo il nuovo articolo 18 dello Statuto dei lavoratori dopo la riforma Renzi. Non è un cambiamento rivoluzionario, ma una nuova manutenzione straordinaria alla disciplina dei licenziamenti individuali già “ristrutturata” due anni fa, nel 2012, dall’allora governo Monti con il ministro Fornero.
Nel dibattito di ieri in direzione Pd non sono emersi completamente tutti i dettagli. Che dovranno essere meglio specificati negli emendamenti alla delega attualmente all’esame dell’aula del Senato e poi ancora nei decreti attuativi. Restano quindi dei punti interrogativi: quale sarà la platea dei lavoratori interessati dalle modifiche, solo i neoassunti o anche chi attualmente ha già un lavoro? Il diritto reale del reintegro, seppur limitato a sole due fattispecie, resterà invariato dal primo momento dell’assunzione o scatterà solo dopo un periodo di sospensione di 3-4 anni? Ricordiamo che la delega così come approvata in commissione Lavoro del Senato, non parla mai esplicitamente di riforma dell’articolo 18, ma lo fa indirettamente introducendo il contratto a tutele crescenti per i nuovi assunti come tipologia sostitutiva del contratto a tempo indeterminato. Le tutele crescenti sono riferite proprio alla disciplina del recesso. Anche adesso i dettagli (quali tutele? solo indennizzo o anche reintegro? crescenti come?) sono rinviati alla messa a punto dei decreti delegati.
Il passo in avanti di ieri è l’aver esplicitato quali saranno i casi di licenziamento individuale illegittimo che resteranno coperti dalle tutele dell’articolo 18. Non solo più quello discriminatorio, che il governo ha sempre detto di non voler toccare, ma anche quello disciplinare.
CONFINI DA DEFINIRE
Dalla riforma Fornero del 2012, i licenziamenti individuali motivati con ragioni disciplinari (il caso più eclatante è quello di un lavoratore accusato di furto), se giudicati illegittimi dal giudice, possono essere sanzionati in due modi diversi a seconda della gravità: solo indennizzo compreso tra 12 e 24 mesi, oppure anche il reintegro. Questa tutela però scatta se viene dimostrata l’insussistenza del fatto che ha dato luogo al licenziamento (accusa falsa) e se il contratto collettivo già prevede di punire quello stesso illecito di cui è accusato il lavoratore con una sanzione disciplinare conservativa (quindi senza licenziamento). Solo in questi due casi il giudice può decidere che al lavoratore spetti anche il reintegro sul posto di lavoro, oltre ad un indennizzo che può arrivare fino a un anno di retribuzione. Altrimenti il licenziamento, ancorché illegittimo, può essere sanzionato con il solo indennizzo. In questi due anni di applicazione della norma, però, molti imprenditori hanno lamentato eccessiva discrezionalità da parte della magistratura. Ed è forse per questo motivo che sia il premier Renzi che il ministro del Welfare Poletti ieri hanno tenuto a precisare che il licenziamento disciplinare «dovrà avere confini più definiti». Sarà circoscritta la discrezionalità del giudice. Anche Pierluigi Bersani ammette: «L’attuale sistema è farraginoso, miglioriamolo».
LICENZIAMENTI ECONOMICI
Sono quelli definiti «per giustificato motivo oggettivo», cioè quando l’azienda ha problemi nei bilanci dovuti a crisi di mercato e a gap di competitività (vendite o ricavi in calo, ecc). Già attualmente, se illegittimi, sono sanzionati solo con l’indennizzo tra 12 e 24 mesi. È stata questa la più rilevante modifica della riforma Fornero. Il reintegro può esser disposto dal giudice solo nei casi (abbastanza rari) di «manifesta insussistenza» (lavoratore licenziato per motivi economici e poco dopo sostituito con un altro, bilanci floridi, ecc.). Per questo motivo l’ex ministro Elsa Fornero giudica la portata delle nuove modifiche all’articolo 18 annunciate da Renzi pari a zero: «Non cambia nulla» sentenzia.
AMMORTIZZATORI ESTESI
Nel disegno di riforma del mercato del lavoro, Renzi anche ha confermato di volere estendere il sussidio di disoccupazione anche ai precari già dal 2015, di potenziare le politiche attive per il reinserimento, di abolire molte delle forme di precariato oggi esistenti, a partire dai co.co.pro.