L’AQUILA L’aria a palazzo dell’Emiciclo, a diverse ore dall’arresto dell’alto dirigente della Regione Antonio Sorgi, è quella di un consueto giorno di lavori. A parte qualche esponente dell’opposizione – come l’ex assessore Paolo Gatti, che rimarca il suo «non ho nulla da dire» – i consiglieri manifestano meraviglia ma non drammatizzano. Si dice «sorpreso» e «sconcertato» l'ex presidente della regione Gianni Chiodi che con Sorgi ha condiviso cinque anni di gestione della regione. Chiodi spiega di essere «convinto che dimostrerà la sua estraneità» poi dice a braccia aperte che «per quello che ho visto in cinque anni si è trattato di un dirigente molto efficiente e un gran lavoratore». Nel ricordare «il dispiacere sul piano umano» per l’arresto di Sorgi, Il presidente Luciano D’Alfonso lancia un messaggio alla magistratura («può contare sulla nostra collaborazione»), e poi evidenzia che «la struttura ereditata era in scadenza proprio oggi (ieri, ndr). Non avremmo mai più potuto avere un tale cumulo di incarichi in capo ad alcune figure». «Aspettiamo gli esiti del provvedimento giudiziario», ribadisce anche il consigliere di Forza Italia Mauro Febbo. Per il capogruppo del Pd, Sandro Mariani, «si deve andare a fondo e cercare le verità, ma non tocca a noi farlo». Duro il commento di Domenico Pettinari del M5s: «Non vorrei che qualcuno sapesse già da tempo ciò che noi non sapevamo», riferendosi al presidente della Regione. Intanto i grillini chiedono «un controllo di legittimità su tutti gli atti al vaglio del direttore nella sua veste di presidente della commissione Via, in quanto ci sono interferenze strane in questa inchiesta». «Se confermate», dice Maurizio Acerbo, dirigente di Rifondazione, «le accuse alla base dell’arresto gettano un’ombra pesantissima sugli ultimi 10 anni di vita politico-amministrativa regionale. Non si tratta di un dirigente qualunque ma di uno degli uomini più potenti d’Abruzzo che ha goduto della sponsorizzazione e della stima di centrodestra e centrosinistra che negli anni delle giunte Pace, Del Turco e Chiodi gli hanno progressivamente attribuito un ruolo abnorme. Per Rifondazione Comunista e gli ambientalisti più seri per anni Sorgi è stato il “nemico pubblico numero 1”», conclude Acerbo.