ROMA Il suo noto savoir fair Giovanni Legnini lo sfodera avvicinandosi a Teresa Bene, la giurista napoletana in quota Pd alla quale non sono stati riconosciuti i titoli per entrare a far parte del Csm, poco prima dell’ingresso del presidente Napolitano nell’affollata sala Bachelet. Sapeva, come lei d’altronde, l’esito negativo della verifica. L’abbraccia, le sussurra parole d’incoraggiamento e torna a sedere. Certo che di lì a poco sarebbe stato eletto numero due di Palazzo dei Marescialli. E così è stato, a larga maggioranza (20 voti a favore, uno a Giuseppe Fanfani, tre schede bianche e una nulla). Quando pronuncia il discorso d’insediamento, soppesato parola per parola in pieno omaggio all’equidistanza del nuovo ruolo, Teresa Bene se n’è già andata. «La sua è una vicenda che mi ha molto addolorato, ma non credo che quanto accaduto appanni il prestigio delle istituzioni», si affretta a dire a cerimonia conclusa. Giovanni Legnini è così, un mediatore nato che alla tenacia degli abruzzesi accompagna una grande dote di pazienza. Cinquantacinque anni, sposato, due figli, in politica dall’età di diciassette, primo incarico istituzionale nel paese natio, Roccamontepiano, poi parlamentare Pd (in quota Bersani) con una lunga sfilza di incarichi dal 2006 ad oggi: vicepresidente della Commissione bilancio del Senato, membro della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, relatore della finanziaria nel 2008 e della legge di stabilità nel 2013, sottosegretario all’Editoria con Letta e all’Economia con Renzi. Grazie alla sua mediazione sul decreto salva-Roma la Capitale ha evitato il default.
LE SFIDE
Sarà un lavoro «duro e appassionante», esordisce davanti al Capo dello Stato. Da un lato, Legnini assicura che farà tornare il plenum il vero motore del Csm, valorizzando la sua natura di organo collegiale e mettendo fine a una gestione degli ultimi anni giudicata troppo verticistica; dall’altro non si tira indietro nella «sfida delle riforme» che - dice - va accettata, perché «viviamo in una fase molto complessa per il sistema giudiziario». L’obiettivo è il «pieno recupero dell’efficienza della giustizia italiana». Sa bene, Legnini, che tra magistratura e governo Renzi ci sono già le prime frizioni, specialmente sulla questione ferie e responsabilità civile dei magistrati, ma sulla riforma della giustizia il Csm dirà la sua già a partire dalle prossime sedute. Ciò avverrà «senza invasioni di campo», ma «segnalando in modo puntuale le norme in contrasto con gli obiettivi dichiarati o che possono ledere «ruolo e funzione costituzionale dei magistrati». «Eludere le tentazioni corporativiste» e' invece la sollecitazione rivolta da Legnini ai componenti del Csm, soprattutto in vista degli impegni che li attendono, come quello «forse senza precedenti» del rinnovo di 400 capi e vice di uffici giudiziari (tra le decisioni "urgenti" c'è la nomina del procuratore di Palermo), per il quale dovrà essere «centrale» il criterio del merito. Terminata la cerimonia ufficiale non si sottrae a chi gli chiede di articolo 18, di autoriciclaggio, di ferie dei magistrati. «Eviterei di scaricare sui magistrati la responsabilità sui tempi troppo lunghi delle pronunce sul reintegro», dice L’autoriciclaggio? Il Parlamento farebbe bene a pronunciarsi «al più presto». Il mediatore è già al lavoro