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Pescara, 24/11/2024
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Data: 01/10/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Maragno, dimissioni choc dopo 100 giorni da sindaco. Il primo cittadino decide di non sottostare al «ricatto» di 5 consiglieri forzisti e dà l’annuncio in Consiglio: «Sono e resterò uomo libero, con o senza tricolore». Pagano al lavoro per ricucire lo strappo

MONTESILVANO «Sono sempre stato un uomo libero e resterò libero con o senza la fascia tricolore». Con queste parole, il sindaco di Montesilvano Francesco Maragno ha annunciato ieri pomeriggio le sue dimissioni nel corso della seduta del Consiglio comunale dedicata alla discussione del bilancio di previsione 2014. Una decisione arrivata in seguito alla netta spaccatura all’interno di Forza Italia, che ha portato la maggioranza ad andare sotto nella votazione relativa al rinvio della discussione proposta dalla minoranza. I forzisti Deborah Comardi (capogruppo), Manola Musa, Anthony Aliano, Stefano Di Blasio e Claudio Daventura hanno, infatti, appoggiato la volontà dell’intera opposizione (assente solo Paolo Rossi) di posticipare la seduta all’8 ottobre per consentire agli uffici tecnici di valutare attentamente gli oltre 2000 emendamenti protocollati. Un provvedimento contro il quale si era invece espresso il sindaco Maragno, anche a nome della sua giunta, che aveva sollecitato i consiglieri a non perdere ulteriore tempo anche alla luce della preoccupante situazione delle casse comunali. Le dimissioni. Appello non ascoltato dai 13 consiglieri che hanno ugualmente votato a favore del rinvio lasciando la maggioranza ferma a 11 voti contrari. Ed è proprio a quel punto che il primo cittadino, con voce tremante ma determinata, ha annunciato la sua volontà di rinunciare al mandato ad appena 100 giorni dal suo insediamento. «Non posso accettare per la mia dignità di uomo, di padre, di sindaco e di ispettore della guardia di finanza, che le decisioni vengano prese al di fuori del Comune», ha detto Maragno. «Sono sempre stato un uomo libero e resterò libero con o senza la fascia tricolore». La spaccatura. La giunta Maragno non è riuscita, dunque, a superare il primo grande ostacolo, a causa di una forte divisione che si è delineata già nelle scorse settimane. All’indomani dell’approvazione dello schema di bilancio in giunta, infatti, la capogruppo Comardi aveva manifestato il proprio malcontento per un bilancio non visionato prima del disco verde dell’esecutivo, minacciando di rimettere l’incarico nelle mani del partito. La spaccatura, però, si è consumata definitivamente ieri mattina nella sala consiliare quando il consigliere Aliano ha reso noto l’appoggio di Forza Italia alla proposta della minoranza. Contrario il presidente dell’assemblea civica, Umberto Di Pasquale che, invece di mettere ai voti il documento, ha deciso in maniera arbitraria di posticipare la seduta al pomeriggio. Una presa di posizione che non è piaciuta, però, alla minoranza e ai dissidenti che hanno elaborato un documento di denuncia da indirizzare al prefetto di Pescara. Poltrone. La seduta, ripresa nel pomeriggio, ha visto quindi la votazione della proposta e le dimissioni del sindaco che, secondo i bene informati, sarebbero in realtà arrivate a causa di un ricatto dei dissidenti, i quali avrebbero dettato una serie di condizioni per approvare il bilancio. Pare si tratti di nuove poltrone per Forza Italia tra cui quelle per due assessori, due dirigenti e il presidente del cda dell’Azienda Speciale. Richieste, quelle dei 5 consiglieri (responsabili anche della caduta dell’amministrazione Di Mattia, fatta eccezione per Stefano Di Blasio, che in questo caso ha preso il posto del padre Paolo) lette come un «ricatto» dal sindaco che nei prossimi giorni formalizzerà le dimissioni e da quel momento avrà 20 giorni per cambiare idea prima di consegnare nuovamente la città ad un commissario. «Per me è finito un incubo perché non ne potevo più di essere circondato da simili persone», ha rivelato il sindaco prima di lasciare il Comune. Sindacati. A scaldare ulteriormente gli animi a palazzo di città anche la manifestazione indetta dalle sigle sindacali contro l’amministrazione comunale accusata di non aver rispettato gli accordi presi dalla passata amministrazione Di Mattia in materia di tasse, e in particolare di esenzione Irpef

Pagano al lavoro per ricucire lo strappo. Il coordinatore regionale sferza il partito: stop a chi indossa la maglia di Forza Italia per convenienza

MONTESILVANO Il coordinatore regionale di Forza Italia Nazario Pagano ha minacciato l’espulsione dal partito definendo il loro comportamento «deprecabile» e sottolineando che «deve finire questa storia di chi indossa la maglia di Forza Italia solo per convenienza e poi non segue la linea del partito». Eppure, i cinque consiglieri che hanno spinto il sindaco Maragno alle dimissioni, Deborah Comardi, Anthony Aliano, Manola Musa, Claudio Daventura e Stefano Di Blasio minimizzano sull’accaduto. «Oggi si è solo ritenuto di apprezzare positivamente una richiesta di rinvio per ragioni esclusivamente tecniche», sottolineano, «estese all'opportunità di consentire la valutazione della bontà di oltre 2mila emendamenti. Comprendiamo le dichiarazioni del nostro sindaco, frutto del forte stress psicofisico a cui è stato sottoposto in questi giorni di un intenso lavoro profuso nella costruzione di un bilancio assai complicato», aggiungono, «auspicando che possa ritrovare la serenità necessaria per amministrare con le capacità che lo hanno contraddistinto da sempre». A invitare Maragno a tornare sui suoi passi sono lo stesso Pagano e la senatrice Federica Chiavaroli (Ncd) che ribadisce al sindaco il sostegno incondizionato del proprio partito. Appoggio ribadito anche dal consigliere di Montesilvano Futura, Corrado Di Battista. Ad apparire più preoccupati per il destino della città sono, invece, il capogruppo del M5S Manuel Anelli, che aveva invitato Maragno prima della votazione a non comportarsi come il protagonista del libro Novecento che muore per non trattare, e il consigliere del Pd, Gabriele Di Stefano. Entrambi auspicano che il gesto dei 5 forzisti non sia dettato solo da interessi personali legati alla sete di poltrone e ritengono drammatica l’ipotesi che la città torni nuovamente nelle mani di un commissario appena quattro mesi dopo le ultime elezioni comunali. Più duro il commento del capogruppo di Montesilvano Democratica, Lino Ruggero. «Un sindaco che non vuole mediare né con la maggioranza né con la minoranza non può fare il sindaco. Anche perché se sono stati presentati 2000 emendamenti vuol dire che il margine di trattativa c’era».

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