ROMA I prestiti Tltro della Bce alle banche possono essere usati per l'anticipo del Tfr. Il progetto del governo, che punta a scongelare in tutto o in parte le liquidazioni gestite dalle aziende per far crescere le buste paga dei lavoratori, ha incassato ieri una forte spinta da Bankitalia. L’ok è arrivato dal governatore Ignazio Visco secondo il quale «le banche sono libere di decidere in che maniera impiegare i prestiti a patto che siano destinati alle Pmi». Una precisione che può assumere una certa importanza perchè il nodo principale della questione è che sottrarre alle imprese la disponibilità del Tfr vuol dire, in assenza di una contromossa finanziaria che copra le uscite di bilancio, assestare un colpo micidiale alla liquidità. Come hanno subito messo in evidenza Confindustria («una scelta che inquieta» ha spiegato il vicepresidente Stefano Dolcetta) e Rete imprese Italia. Nelle ultime ore, però, l’ipotesi di riforma ha ricevuto il sostegno di Sergio Marchionne: «Anche se costa alla Fiat dobbiamo appoggiare il governo in quello che sta facendo: basta dire no».
IL NO SINDACALE
Il Tfr in busta paga, invece, continua ad essere avversato dalla Cgil. «Leggiamo titoli davvero strani, come che in questo modo il bonus in busta paga diventerebbe di 180 euro» ha ironizzato il segretario Susanna Camusso facendo un chiaro riferimento ai concetti espressi dal premier Matteo Renzi alcuni giorni fa». «Quelli - ha proseguito il leader sindacale - sono soldi dei lavoratori, e nessuno se ne appropri per dire che così ha aumentato le retribuzioni». Per la Cgil «ci sono molti problemi, compreso il fatto che viene sempre più il sospetto che sia un modo per trovare risorse di maggiore fiscalità invece che di restituzione ai lavoratori». Nonostante le difficoltà, il governo sembra però intenzionato a non mollare la presa. L'operazione Tfr «o c'è dentro questa legge di stabilità oppure non si fa più» ha precisato Yoram Gutgeld. Il consigliere economico di Palazzo Chigi e deputato Pd ha spiegato che si tratta di un'operazione che «ha senso perchè vorremmo dare la libertà ai lavoratori che vogliono prendere una parte di questa enorme somma di salario differito e metterlo in busta paga oggi. Per fare questo, dobbiamo trovare il sistema di risolvere i problemi finanziari delle piccole e medie imprese: stiamo studiando una convenzione con le banche di apertura credito e stiamo valutando la possibilità di dare una garanzia pubblica. Se c'è a possibilità di fare questo bene, altrimenti non si fa».
IL VERTICE
E una conferma che il tema resta in campo arriva in qualche modo dalla notizia di un incontro che ieri, al ministero dell’Economia, ha visto protagonisti tecnici di Via XX Settembre, Cdp, Abi, Bankitalia e ministero dello Sviluppo economico. Fulcro della riunione proprio l’individua degli strumenti più idonei per favorire l’utilizzo, da parte delle banche, dei prestiti Tltro a vantaggio delle imprese. Ovviamente si continua a lavorare anche sulla manovra, il cui conto potrebbe lievitare da 20 miliardi a 22/25 miliardi in seguito alle richieste dei vari ministeri, alcune fondate su impegni già sottoscritti dal governo, come il rinnovo dell’ecobonus.
L’obiettivo del Tfr in busta chiara lo ha esplicitato Renzi spiegando che 100 euro in più al mese darebbero una spinta ai consumi. In realtà il beneficio medio per i lavoratori delle aziende private sarebbe un pò più bassi. Dalle dichiarazioni di 16 milioni di contribuenti risulta infatti che la retribuzione lorda media è di 19.750 euro. Che al netto diventano 14.870. Questi lavoratori, che già godono del bonus fiscale, a fine mese portano a casa poco più di 1.200 euro. Mentre l’azienda o l’Inps trattengono 104 euro di trattamento di fine rapporto: vale a dire il 7,41% del salario lordo. Nel caso in cui la riforma si concretizzasse, quei soldi irrobustirebbero lo stipendio di altri 75 euro.