Il Tfr (Trattamento fine rapporto) corrisponde a circa una mensilità all’anno: si ottiene dividendo la retribuzione lorda per 13,5 e sottraendo la contribuzione dovuta all’Inps nella misura dello 0,5 per cento. Su un stipendio lordo di 20mila euro l’anno la quota di Tfr al lordo del contributo Inps, è intorno ai 1.500 euro. Scelta volontaria. Sarà il lavoratore a decidere se richiedere all’azienda di versare il 50% del trattamento di fine rapporto maturato nell’anno direttamente in busta paga. L’opzione per ora sarà valida per tre anni e sempre modificabile. Settore privato. Per il momento l’ipotesi di anticipo in busta della liquidazione dovrebbe riguardare solo le imprese del settore privato. Ancora allo studio una possibile esclusione delle imprese più piccole, sotto i 15 dipendenti. Trattamento fiscale. Se il regime attuale, molto vantaggioso, resterà in essere il trasferimento in busta paga per i lavoratori sarebbe conveniente. Il prelievo fiscale oggi varia a seconda del numero di anni e frazioni di anni di anzianità di servizio. Il risultato è una tassazione separata che di regola è sensibilmente più bassa dell’aliquota Irpef ordinaria e che favorisce anche la rivalutazione annua fissa dell’1,5% che è tassata all’11%. L’imposta calcolata non è applicata a titolo definitivo poiché viene successivamente riliquidata da parte dell’agenzia delle Entrate, in base all’aliquota media di tassazione dei 5 anni precedenti. Costi. L’eventuale anticipazione del 50% del Tfr ai dipendenti potrebbe costare alle piccole imprese un importo annuo che oscilla tra i 3mila e i 30mila euro. Il calcolo della Cgia di Mestre si basa sul fatto che, a causa dell’attuale carenza di liquidità, molti imprenditori sarebbero costretti a finanziarsi con costi aggiuntivi.