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Data: 04/10/2014
Testata giornalistica: Ferpress
A che servono le Regioni? Nel TPL è l’ora di chiederselo

L’assessore alla Mobilità di Roma Capitale, Guido Improta, chiede per la nuova città metropolitana l’accesso diretto alle risorse del Fondo nazionale Trasporti. La richiesta è più che legittima, considerato che su Roma si concentra il 70 per cento del traffico dell’intera regione ma le risorse attribuite alla Capitale si fermano solo al 26 per cento.

Oggi sono le grandi città ad essere motore dell’economia e a produrre ricchezza, ma pretendere che organizzino lo sviluppo di un moderno sistema dei trasporti contando solo sulle tasse dei cittadini residenti è un evidente anacronismo. Aggiungiamo a ciò che il nostro Paese ha regole dell’Ottocento per gestire realtà che dovrebbero essere capaci di proiettarsi nel nuovo millennio: tutte le grandi metropoli hanno agenzie o organismi che coordinano gli interventi e programmano i servizi per rispondere a quella che è l’effettiva domanda di trasporto. In Italia, ognuno procede per conto suo e anzi è legittimo esprimere il dubbio che debba essere ancora la Regione a sovrintendere alla politica dei trasporti ed essere l’interlocutore dei vari soggetti.

Fa veramente ridere (per non dire peggio) che il Comune di Roma abbia la gestione dell’esercizio (cioè della circolazione dei treni) di una ferrovia come la Roma-Lido e praticamente nessuna voce in capitolo sulle ferrovie che attraversano l’area urbana, sono collegate alle metropolitane e via dicendo. E cambiare questi assetti è un’impresa che – con tutta probabilità – non riuscirà neanche al “donchisciotte” Improta, considerata la tenacia con cui ogni organismo difende le sue competenze.

Alla fine, emerge un paradosso: forse più che le provincie sarebbe stato utile concentrarsi ad abolire le regioni. Ha ragione ancora una volta Improta a sostenere che Rieti e Viterbo – in termini trasportistici – hanno maggiore interesse a collegamenti con territori come l’Abruzzo o l’Umbria piuttosto che con un capoluogo assegnatogli da una suddivisione napoleonica. Il discorso è ovviamente paradossale, ma nei paradossi spesso si nasconde la verità.

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