PESCARA Il primo rimpasto arriverà all’inizio del nuovo anno, sempre che il Serenissimo ma frenetico presidente non acceleri: Andrea Gerosolimo entrerà in giunta, Mario Mazzocca gli cederà la poltrona di assessore e si accomoderà su quella di sottosegretario. E’ il meccanismo messo a punto da Luciano D’Alfonso per spegnere i bollori nella sua maggioranza: Abruzzo Civico reclamava un posto in giunta e l’avrà, Sel non resterà fuori dall’esecutivo, per l’Italia dei valori c’è sempre la titolarità dell’Agenzia sanitaria regionale per Alfonso Mascitelli, che si insedierà appena giungerà a conclusione il ciclo dell’attuale capo dell’Asr.
E’ la pax dalfonsiana: il Serenissimo spegne i malpancismi nella coalizione di centrosinistra, tanto più ora che Giovanni Legnini è fuori dalla politica regionale in senso stretto perchè vice presidente del Csm. Fa tutto lui. A ciascuno il suo: la lista civica di maggior peso tra quelle che l’hanno sostenuto in campagna elettorale bussava con forza alla sua porta, lui ha chiesto pazienza a Borrelli e Sottanelli ed ecco Gerosolimo in giunta; Sel non vuole perdere in importanza e allora viene creato un sottosegretariato-bis, visto che gli assessorati per legge sono sei e tanti devono restare. La figura del sottosegretario è di nuovo conio, anche se di fatto se ne avvantaggiavano anche le amministrazioni precedenti, ma senza che ne fossero state fissate caratteristiche e competenze: due sottosegretari, però, sono un cambio di rotta, un allargamento di fatto della giunta anche se i numeri degli assessorati non cambiano. Camillo D’Alessandro, fin qui sottosegretario unico, dovrà dividere il piccolo potere fresco di conquista all’ombra del governatore con il Mazzocca di rientro dall’esperienza assessorile.
Certo tutto sarebbe stato meno complicato se Giovanni Lolli fosse stato libero di accettare il posto di deputato lasciato vacante da Legnini: in quel caso Gerosolimo in giunta in sostituzione di Lolli e alla vicepresidenza, probabilmente, Silvio Paolucci. Ma D’Alfonso non ha allentato la stretta sul suo attuale vice, anche perchè l’inaspettata uscita dal Parlamento di Legnini gli offriva l’opportunità di rasserenare Gianluca Fusilli, uno dei suoi fedelissimi, rimasto deluso dalle vicende elettorali e convinto di non aver trovato, nell’occasione delle elezioni politiche, il sostegno che si aspettava: abracadabra, Lolli bloccato alla Regione e Fusilli ritrova il sorriso. Già che c’era, il Serenissimo ha deciso di scambiare un segno di pace anche con una delle voci interne più critiche nei suoi confronti, quella di Stefania Pezzopane: per lei si è speso con i renziani al Governo sfinendoli fino a ottenere un posto a Palazzo Chigi, che non sarà da sottosegretario ma è molto meglio di niente.
E’ la pax dalfonsiana. L’unico che non trova mai pace è lui, l’insonne e frenetico Serenissimo.
Il nuovo bilanciamento da trovare
tra molti rischi e poche alternative
La vicepresidenza del Csm per Giovanni Legnini non è una buona notizia per l'Abruzzo. Non è solo una questione di soldi come si è detto in principio. La capacità di Legnini di lavorare bene a livello normativo e mediatorio è consolidata nel tempo ed è uno dei passaporti che lo ha fatto uscire indenne dalle forche caudine del Parlamento in direzione di Palazzo dei marescialli. E il suo rapporto con Lotti, l’uomo di Renzi nel Cipe, è saldo. Quindi l'analisi va riportata in Abruzzo dove D'Alfonso non è ancora nel vivo dopo il rodaggio, gli aggiustamenti di squadra e processo (direttore generale e sottosegretario sdoganati, i "gruppi di lavoro" veri fulcri, nuovo organigramma), le grandi manovre appena abbozzate, un paio di prove muscolari contro lo Stato ancora da inquadrare (bonifica Bussi e Snam Sulmona), il ticket sulla sanità. I soldi per Fondo valle Sangro, depuratori e porto di Pescara per ora vanno ascritti ad altri.
Piuttosto, lo spostamento in posizione "terza" di Legnini fa mancare in Abruzzo quel bilanciamento naturale creatosi nel tempo tra il parlamentare di punta e il governatore rimesso a nuovo. Era il patto interno al Pd che suggellava quello territoriale: Legnini aveva accettato la forza di D'Alfonso ("riavere" il Pd oppure avanti con le liste civiche) e ne è stato ripagato dalla netta vittoria da esibire a Roma. Ma ne era stato anche il garante difronte a chi aveva (e ha) diffidenza verso il politico accentratore, votato agli annunci e alle iperboli che nel lungo inverno del silenzio, furbissimo, si è costruito un consiglio regionale morbido (il più anziano, Di Pangrazio ha avuto la sua poltrona). In definitiva, oggi D'Alfonso rischia di avere campo troppo aperto visto pure che il peso degli altri parlamentari è relativissimo (vedere l'esito del "duellino" con Castricone per Di Marco alla Provincia di Pescara) e il partito non ha alternative. Potrebbe crescere Paolucci, ma gli servirà un po’ di tempo. Un rischio alto per qualsiasi azione di governo e per questo Abruzzo, conoscendo la tendenza del governatore a debordare e la scarsa incisività di Forza Italia e Cinque Stelle.