ROMA L’Asfaltatore che opera da palazzo Chigi ha ormai raggiunto tali vette di professionalità da permettersi di aprire la sala Verde e ricevere quella metà delle parti sociali, i sindacati, che sinora aveva rifiutato di incontrare. A Matteo Renzi serviva del tempo per avviare l’agenda senza farsela dettare, e ora che sono in fila problemi e responsabilità, ritiene giunto il momento dell’incontro durante il quale dirà alla vecchia Triplice che cosa fare per «non sparire», per non ridursi a rappresentare solo pensionati e garantiti e per recuperare un po’ di quella credibilità che ieri un sondaggio di Pagnoncelli, pubblicato dal Corsera, dava in caduta libera.
TURNO
In sostanza domani la Camusso, Angeletti e la Furlan si troveranno ad inseguire temi che il Rottamatore intende portare in vario modo all’attenzione del Parlamento, dopo aver subito non solo il taglio dei permessi sindacali, ma anche la ramanzina sull’articolo 18 che non si applica ai dipendenti di sindacati e partiti. Sul tavolo non ci sarà quindi l’articolo 18, ma la legge sulla rappresentanza, il salario d’ingresso e la contrattazione decentrata. Argomenti sui quali il sindacato è diviso, come lo è sulla riforma del mercato del lavoro e sul Tfr in busta paga. Su quest’ultimo argomento ha alzato un muro la Confindustria di Squinzi che riempiva, nei precedenti governi e insieme ai rappresentanti di altre categoria imprenditoriali, l’altra metà della sala Verde. Dopo lo strappo di Cernobbio a palazzo Chigi assicurano che verrà anche il turno di Confindustria. Nel frattempo l’Asfaltatore ha gettato nel dibattito non solo il Tfr, ma anche la possibilità che le aziende pubbliche - attuali maggiori contributori di Confindustria - escano dall’associazione sottraendogli una buona fetta di contributi. In attesa che i fronti aperti arrivino a qualche conclusione, Renzi si ”accontenta” di sfruttare le debolezze cavalcando le contraddizioni delle parti sociali perché «se uno vuole cambiare è sempre il giorno giusto», come sostiene il ministro Poletti. E se, come dice il ministro del Lavoro, «la regola di questo governo» è «se le cose non le faremo non sarà colpa del Sindacato, di Confindustria, o di Berlusconi è perché noi avremo deciso di non farlo», si capisce anche quanto sia relativo il ruolo che si assegna ad interlocutori esterni.
DESTRUTTURARE
D’altronde restituire «dignità alla politica» è uno degli obiettivi di Renzi, da realizzare in Italia e in Europa. A Bruxelles non ci sono i sindacati, ma c’è la burocrazia dietro la quale - è convinto il premier - si nasconde spesso la politica. Il Consiglio europeo sul lavoro di domani a Milano sarà quindi per il Rottamatore un’altra occasione per colpire, seppur indirettamente, l’Europa del rigore sollecitando i Ventisette a mettere in atto l’agenda della crescita cominciando presto a chiedere conto alla Commissione anche dei 300 miliardi d’investimento promessi. «Se oggi in Ue si parla seriamente di flessibilità è grazie alla spinta del premier Renzi», sostiene il sottosegretario Sandro Gozi. Un modo per ricordare quel «io sto con la Francia» pronunciato qualche giorno fa da Renzi a Londra e che ha mandato su tutte le furie la Merkel costretta ora ad esporsi in prima persona e senza più il paravento della Commissione.