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Data: 07/10/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Confederazioni a Palazzo Chigi in ordine sparso sull’art.18. Camusso: «Se Matteo non ci convince, avanti con le mobilitazioni»

ROMA Ordine sparso sul merito degli argomenti più scottanti, ma file compatte in quanto a scetticismo sul fatto che l’incontro possa essere davvero l’inizio di un dialogo costruttivo. Si presenteranno così stamane Cgil Cisl e Uil alla tanto attesa prima riunione a Palazzo Chigi dell’era Renzi. In sette mesi e oltre di governo più volte le parti sociali hanno chiesto di essere ascoltate dal “nuovo inquilino”, ma questa convocazione 24 ore prima del summit Ue a Milano sui temi del lavoro, fa sorgere dubbi e perplessità. Anche perché sono previsti tempi più che serrati: Cgil Cisl e Uil entreranno in sala verde alle 8 del mattino, alle 9 sarà il turno di Confindustria e le altre organizzazioni delle imprese. La numero uno del sindacato di corso d’Italia è caustica: «Mi viene in mente il titolo di una canzone: un’ora sola ti vorrei» e insiste nel paragonare il premier a «madame Thatcher». In ogni caso, aggiunge, «non basta un incontro. Se il governo andrà avanti con queste politiche è evidente che proseguiranno le mobilitazioni. Siamo pronti al confronto, ma anche al conflitto». «Mi auguro non sia un’operazione di immagine» dice Luigi Angeletti. Meno pessimista invece il leader Cisl uscente, Raffaele Bonanni, che definisce la convocazione «un buon segno» e si augura che «si cambi davvero strada e registro».
Certo anche un’ora può essere sufficiente per capire se il riformismo del governo Renzi può aprire una breccia nel fronte sindacale. A cominciare dall’articolo 18: per la Cgil può essere sì sospeso per un periodo di prova con il contratto a tutele crescenti per i nuovi assunti, a patto però che poi ritorni in pieno (con la possibilità di reintegro anche per i motivi economici insussistenti); Cisl e Uil invece sono disponibili a discuterne per i nuovi assunti se in cambio vengono eliminate alcune forme di precarietà come promesso (dalle false partite Iva ai co.co.pro).
Ma c’è anche un’altra norma del Jobs act che preoccupa i sindacati: il salario minimo. Rischia di fissare parametri più bassi rispetto a quelli previsti dai contratti nazionali collettivi di categoria, dicono Cgil Cisl e Uil. A proposito di contrattazione: Renzi nei giorni scorsi ha detto di volerne parlare. La Camusso non si fida e avverte: se vuole «restringere l’azione del sindacato» limitandone i confini alla sola contrattazione aziendale, «lo interpreteremmo come un esplicito attacco all’autonomia del sindacato». La possibilità di una legge sulla rappresentanza sindacale fa invece agitare Cisl e Uil.
Altro argomento a rischio ustione: l’ipotesi del Tfr in busta paga. Le imprese sono nettamente contrarie. E l’idea piace poco anche ai sindacati, a meno che non sia esclusivamente su basi volontarie (scelta del lavoratore). Tutti e tre poi vogliono vederci chiaro sul come verranno tutelati i fondi di previdenza integrativi e sul trattamento fiscale di queste somme. «Non vorrei che l'opzione Tfr servisse solo per la casse dello Stato per incamerare 5 miliardi» dice Bonanni che quindi propone «tasse zero». La Cgil chiede almeno che siano «a parità di tassazione» rispetto ad ora, ma aggiunge altri vincoli: niente buchi ai conti dell’Inps, garanzie per le compensazioni sulla liquidità delle piccole imprese.

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