Stamattina il ministro Poletti presenta il maxi-emendamento. Entro sera il voto in Aula. Il premier vuole arrivare al vertice europeo Milano con la riforma già approvata.
Questa mattina la presentazione del maxi-emendamento. Entro sera il voto di fiducia in Senato. Il premier Matteo Renzi tira dritto sul Jobs Act e si dice sicuro: «Non temo agguati». E stasera, parlando dal podio della conferenza di Milano sul lavoro insieme alla Merkel e Hollande, la sua riforma più attesa dovrebbe passare il rubicone a Palazzo Madama. Il presidente del Consiglio è «convinto che sia naturale che tutti» nel partito «votino come sempre». Ma i mal di pancia nella minoranza restano. L’ex segretario Pier Luigi Bersani ritiene la fiducia una «forzatura» ma sostiene che comunque serve «responsabilità e lealtà».
Il nodo dei licenziamenti
Il testo del maxiemendamento che presenterà stamattina Poletti non dovrebbe contenere una specifica sul nodo dei licenziamenti. Renzi ha detto chiaramente che le fattispecie in cui mantenere il reintegro (come chiesto nel documento approvato dalla direzione del Pd) saranno chiarite nel successivo decreto legislativo. Sulla necessità di precisare questi casi insiste Ncd, altrimenti viene meno «gran parte del significato della eliminazione dell’articolo 18», avverte il leader Angelino Alfano. Sel intanto ha ritirato gran parte degli emendamenti al Jobs act (mantenendone 40-50 dai 300-350 iniziali). Anche M5s si è detta disponibile a ritirarne gran parte dei propri per «togliere qualsiasi alibi al governo» a porre la questione di fiducia.
Le critiche alla questione di fiducia
Ma la fiducia c’è. Ed i conti restano aperti in casa Pd, con parte della minoranza sul piede di guerra. Il deputato Pippo Civati, già ieri in mattinata aveva sostenuto che «alcuni senatori per propria iniziativa non parteciperanno al voto», e si era rivolto anche al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sostenendo che la fiducia sul Jobs act «perpetra una prassi deprecabile» su una materia «delicata» e chiedendo «un Suo richiamo ad un maggiore rispetto di ruoli e prerogative istituzionali e al corretto uso degli strumenti normativi». Oggi arriverà il voto nell’Aula di Palazzo Madama, su un testo che sarebbe già stato bollinato dalla Ragioneria generale.
Gelo con la Camusso (Cgil)
Ieri Renzi aveva incontrato anche i sindacati a Palazzo Chigi e subito dopo le imprese. Aprendo il confronto con le parti sociali (alla fine ha parlato di «sorprendenti punti di intesa»). Ma per la Cgil non è affatto la riapertura di una stagione di concertazione: ha «ripetuto cose note», «nessuna risposta» e «nessuna disponibilità», il governo «va avanti su scelte sbagliate», è in sintesi la bocciatura che arriva al termine dell’incontro dal segretario generale Susanna Camusso. Che conferma «il giudizio negativo» sul Jobs act (con la scelta della fiducia che «radicalizza» l’assenza del confronto) ed il «totale dissenso» sulle modifiche all’articolo 18 e sul demansionamento. Insomma, dice, restano tutte confermate le ragioni alla base della manifestazione nazionale del 25 ottobre, in piazza San Giovanni a Roma. Manifestazione a cui Cisl e Uil confermano, ancora una volta, che non parteciperanno (il 18 ci sarà la mobilitazione della Cisl a livello territoriale).
Cisl e Uil si smarcano
Non c’è una vera e propria apertura di merito da parte di Cisl e Uil che però apprezzano l’avvio del dialogo: «Anche sull’articolo 18 ci sono state aperture del governo che prevede il reintegro per i licenziamenti disciplinari» che verranno precisati nel decreto delegato, dice il segretario generale aggiunto della Cisl, Annamaria Furlan, che oggi ufficialmente prenderà il posto di Raffaele Bonanni, dopo le sue dimissioni, alla guida del sindacato di via Po. A suo avviso, l’incontro di ieri può rappresentare un momento «di svolta» nelle relazioni tra governo e parti sociali. Visto che a questo seguiranno, come annunciato dallo stesso Renzi, nuovi incontri, con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, il 27 ottobre sulla legge di stabilità e con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, sulla riforma del lavoro. Parla dell’incontro a Palazzo Chigi con una «valenza più politica che sostanziale», il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, aggiungendo che «se poi la sostanza ci sarà, lo vedremo in concreto». Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, dopo l’incontro, si limita ad osservare, parlando delle riforme, che «il diavolo non sta nelle imprese».