ROMA Le banche potrebbero anticipare oltre 15 miliardi di tfr delle imprese. Serve, però, la garanzia dello Stato, in modo da non penalizzare ancora di più le aziende, specie le piccole e medie. E uno strumento normativo. La disponibilità ad approfondire il negoziato è arrivata ieri mattina, a palazzo Chigi, da parte dell’Abi rappresentata dal direttore generale Giovanni Sabatini, affiancato dal suo vice Gianfranco Torriero, direttamente a Matteo Renzi alle prese con una manovra che potrebbe portare in busta paga la liquidazione dei lavoratori. E attraverso questa strada, incentivare i consumi e contribuire alla ripresa.
LA POSIZIONE DI SQUINZI
Al tavolo del confronto con le forze datoriali, il governo era schierato in forze. Al fianco di Renzi il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, del Lavoro Giuliano Poletti, della Pa Marianna Madia, il sottosegretario Graziano Delrio. Il fronte delle organizzazioni sociali, oltre all’Abi, comprendeva il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi accompagnato dal direttore generale Marcella Panucci, il presidente di Rete impresa Italia Giorgio Merletti, il presidente dell’Ania Aldo Minucci, i rappresentanti della Confagricoltura, Coldiretti e delle coop.
Renzi, che in mattinata aveva incontrato i sindacati fino alle 9,45, ha introdotto con una panoramica le tante cose fatte dal governo negli ultimi tempi, fino al decreto sblocca Italia. Della legge di Stabilità, il premier ne parlerà con gli stessi interlocutori tra un paio di settimane, pur annunciando le linee guida. Come la conferma degli 80 euro, un intervento a sostegno degli ammortizzatori sociali, della scuola e ricerca, una limatura del cuneo fiscale. Il tutto rispettando il tetto del 3% nel rapporto deficit/pil. Quindi Renzi ha scodellato la necessità di un intervento a favore del tfr con un’operazione che non penalizzi le imprese. Secondo il capo del governo «sarebbe una misura opportuna». Vuole proporla confrontandosi, però, con i soggetti coinvolti.
L’ordine di grandezza del fenomeno si attesta a circa 15,5 miliardi, di cui 6 miliardi relativi ai flussi di nuovo tfr destinato alle imprese con oltre 50 dipendenti e ben 9,5 miliardi relativi alle aziende con meno di 50 dipendenti. Ci sarebbero anche i 6 miliardi dei fondi pensione: questi ultimi, però hanno regole proprie ed anche le modalità attuative sono particolari.
Squinzi ha condiviso l’impostazione di Renzi. «Se l’anticipo del tfr è a costo zero per le imprese - ha detto il leader di Confindustria - e ci sarà libera scelta dei lavoratori non ci opponiamo». Del resto gli industriali fino a qualche giorno fa, temevano che l’anticipo togliesse liquidità all’auto-finanziamento, in una fase in cui il credito scarseggia.
Da parte delle banche è stata assicurata piena disponibilità a trovare una soluzione. Sabatini lo ha spiegato senza mezzi termini. Attenzione però, ha sottolineato il top manager di palazzo Altieri: si faccia in modo di non aumentare gli affidamenti delle imprese, un’eventualità che sarebbe da scongiurare. Ecco perchè Sabatini ha ribadito la necessità di un’operazione dove ci sia la piena garanzia dello Stato.
LA NORMA
Il modello a cui si ispirano le banche è quello dell’anticipo delle imposte da parte delle popolazioni terremotate dell’Emilia Romagna. Secondo Sabatini si deve fare un’operazione di tesoreria: gli istituti non vogliono valutare il merito di credito, intendono solo smobilizzare la liquidazione di fine rapporto. Il top manager dice a Renzi: le banche sono pronte, il governo però, deve varare una norma ad hoc che faciliti un’operazione che abbia la stessa durata dei finanziamenti Tltro, cioè quattro anni. Lo stesso governatore di Bankitalia Ignazio Visco si è espresso a favore, gli istituti si allineano. La palla quindi le banche la rimandano al governo.