MILANO L’altro summit si snoda intorno alle strade dove i presidenti degli Stati Europei si riuniscono di buon mattino. Tremila persone che si assiepano dietro gli striscioni che contestano il jobs act, che alzano bandiere della Fiom e dei Cobas, che lanciano uova contro la gigantografia di Matteo Renzi col naso da pinocchio, e che applaudono quando Maurizio Landini, numero uno dei metalmeccanici Cgil, proclama: «Se vogliono ridurre i salari e cancellare i diritti siamo pronti a occupare le fabbriche».
I NEO LICENZIATI DELLA NOKIA
Polizia e carabinieri ovunque per proteggere il Centro Congressi della Fiera. Arrivano i leader dell’Ue sulle 500 della Fiat, tranne Renzi, Merkel, Rajoy e Hollande a cui è concessa l’auto blu. Gli slogan dei manifestanti giungono come un’eco lontana: «Lotto per il 18», «Non pagheremo noi la vostra crisi». Ci sono i lavoratori della Nokia, o meglio: gli ex lavoratori, visto che 115 di loro impiegati in uno stabilimento dell’hinterland milanese hanno ricevuto da poco la lettera di licenziamento. In attività ne sono rimasti solo 40.
C’è chi fa sapere che qualche ora prima, in un’altra parte di Milano, alcuni giovani hanno «occupato» per una mezz’oretta il distaccamento del Ministero del Lavoro in Lombardia. Battibecchi con gli impiegati, spray sulle vetrate e striscioni dalle finestre: «No al jobs act».
Piazza Firenze è a qualche centinaio di metri dal luogo del summit ufficiale. E’ la meta del corteo, ma prima di arrivarci bisogna passare poco distante dall’ingresso del centro congressi. Dal serpentone si staccano i ragazzi di un centro sociale e gli attivisti dei sindacati di base. Cinquanta, sessanta persone che si avvicinano agli agenti. Scoppiano petardi, per qualche minuto la tensione sale, altro lancio di uova, un timido tentativo di sfondamento respinto senza troppi problemi. Poi torna la calma.
Alla fine parla Landini: «Renzi vuole andare in Europa con lo scalpo dell’articolo 18. Dice di avere contro i poteri forti, ma la verità è che lui i poteri forti non vuole metterseli contro». Se la prende col Senato dov’è in votazione il pacchetto-lavoro: «Il Parlamento è il luogo in cui si fanno le leggi e si discute, oggi i senatori stanno semplicemente votando la sfiducia a se stessi». Parla della Thyssen di Terni, l’acciaieria che minaccia 600 licenziamenti o una revisione del contratto di lavoro: «Se anche il governo accetta la logica secondo cui per continuare a produrre bisogna abbassare i salari e ridurre i diritti noi gli accordi così non li firmiamo, e siamo pronti anche all’occupazione delle fabbriche».
CISL E UIL SI DISSOCIANO
Dichiarazione, la sua, che fa presto il giro d’Italia, e arrivano le prese di distanza delle altre organizzazioni sindacali. Annamaria Furlan, che ha da poco sostituito Bonanni alla guida della Cisl, dice che «con tre milioni di disoccupati e la produzione industriale in calo l’ultima cosa da fare è occupare le fabbriche». Per Rocco Palombella, segretario dei metalmeccanici Uil, «quella di Landini è solo una sparata per fare effetto, una cosa inaccettabile». Susanna Camusso non commenta le parole di Landini, ma a Renzi contesta la volontà di andare «al muro contro muro».