ROMA Le riforme sul mercato del lavoro devono rendere più facile per le aziende «assumere giovani, non licenziarli, o almeno non licenziarli così facilmente». Parola di Mario Draghi che dai lavori del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) torna a incalzare i governi all’azione, soprattutto sul lavoro. La riforma italiana - secondo Draghi - non si tradurrà in massicci licenziamenti perchè dopo anni di recessione e la disoccupazione elevata, le aziende hanno già agito. L’attuale situazione di disoccupazione giovanile è legata alle riforme degli anni 2002, con l’introduzione di nuovi contratti molto flessibili, destinati soprattutto ai giovani. Contratti che «hanno depresso la domanda - mette in evidenza Draghi -. Con la crisi queste posizioni sono state eliminate». Da qui la necessità, per le riforme del mercato del lavoro, di rendere «più facile per le aziende assumere i giovani». «Gli elettori devono mandare a casa i governi che non agiscono sulla disoccupazione» afferma Draghi. Intanto dal Fmi arriva l’appello del direttore generale poche ore dopo che la Bce aveva sancito il rischio recessione anche per la Germania. È’ l’ora di comprare titoli di stato dell’area euro per evitare la recessione, sostiene. «Abbiamo messo in allerta sulla possibilità di una recessione» dell’Eurozona, che secondo le stime è possibile al 35-40%, «un valore non insignificante», ha esordito la Lagarde, «esiste il serio rischio che una recessione si verifichi se non si farà nulla». Viceversa, «se saranno messe in atto le giuste politiche, se tutti i Paesi faranno quello che devono fare, si può evitare» una recessione. Se «le previsioni per l’inflazione non migliorano e le aspettative continuano a essere al ribasso, la Bce dovrebbe fare di più, incluso l’acquisto di titoli di stato» ha detto ancora il numero uno del Fmi. Proprio dall’assemblea del Fmi è arrivata la pronta replica del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble: «La situazione in Europa cambierà quando Francia e Italia attueranno le riforme strutturali». A pochi metri dalla sede del Fondo il presidente della Bce Draghi ha indirettamente risposto alla Lagarde: «Siamo pronti a variare le dimensioni e/o la composizione dei nostri interventi di politica non convenzionale, e quindi, di conseguenza, il bilancio della Bce» ha sostenuto Mario Draghi, «ci sono segnali sul fatto che la crescita sta perdendo slancio». Nel bollettino mensile diffuso proprio ieri mattina l’Eurotower ha ammesso che «i dati delle indagini congiunturali disponibili fino a settembre confermano l’indebolimento della dinamica di crescita nell’area dell’euro, pur rimanendo coerenti con una modesta espansione economica nella seconda metà dell’anno». I paesi che mostrano i rischi maggiori sono proprio Italia e Germania che proprio ieri ha visto crollare le sue esportazioni ai minimi da gennaio del 2009 con il surplus commerciale che si è così ridotto a 14,1 miliardi di euro dal record di 23,5 miliardi. Una delle cause della crisi è l’altissima disoccupazione soprattutto giovanile, sulla quale il bollettino della Bce si sofferma sottolineando che a causa della minore anzianità e della maggiore propensione ad accettare contratti temporanei «è probabile che sia stato meno oneroso licenziare i dipendenti più giovani e nel pieno dell’età lavorativa rispetto ai lavoratori più anziani». Il «rapidissimo incremento della disoccupazione giovanile» registrato nell’arco della crisi, rileva l’Istituto di Francoforte, «è in parte attribuibile anche al fatto che la manodopera di età inferiore ai 25 anni è principalmente rappresentata da lavoratori a tempo determinato, i quali, oltre a essere solitamente più vulnerabili al ciclo rispetto a quelli a tempo indeterminato, hanno subito un numero sproporzionato di licenziamenti durante la crisi».