ROMA Percorsi isolati nei pronto soccorso per i casi in cui si ipotizza il contagio dell’Ebola. Un kit di guanti, tute e occhiali protettivi in caso di emergenza contagio per i medici e gli infermieri. La mascherina per il paziente giudicato sospetto. Ambulanze specializzate, ad alto bio-contenimento, gestite dall’Istituto Spallanzani e pronte a intervenire anche a Fiumicino dove ogni giorno passano centomila passeggeri. E poi controlli più serrati agli arrivi del Leonardo da Vinci, dove nell’ultimo mese sono già stati esaminati cinque casi sospetti di passeggeri provenienti dalle zone a rischio, risultati per fortuna tutti negativi. Le verifiche più severe riguarderanno tutti gli aeroporti italiani. Sono queste, in sintesi, le misure del piano anti Ebola.
ATTENZIONE
Come nel resto di Italia, i pronto soccorso di Roma e del Lazio aumentano i livelli di attenzione, per non fare trovare impreparati i medici e gli infermieri che lavorano in prima linea ed evitare situazioni come quella spagnola, dove il dottore del pronto soccorso che assistette l’infermiera malata di Ebola denuncia di avere operato con un tuta protettiva che neppure copriva interamente le braccia. Ieri nel palazzo della Regione Lazio si è svolto un vertice con i medici dei pronto soccorso e gli esperti dello Spallanzani, punto di riferimento nazionale per l’Ebola. Ciò che è stato deciso a Roma è specchio di come si sta organizzando tutto il Paese. Tenendo però fermi alcuni concetti: l’allarmismo è controproducente perché la situazione è sotto controllo; un paziente può essere contagioso solo se sono già presenti i sintomi; la prudenza, però, è indispensabile. Partiamo da un dato: il medico di Emergency, romano e residente nelle Marche, ricoverato allo Spallanzani in forma precauzionale al ritorno dalla Sierra Leone (aveva avuto contatti con un collega malato di Ebola), sta bene. Non presenta sintomi, è negativo ai test. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, lo ha ribadito in Senato: «Il periodo di osservazione terminerà il 16 ottobre».
PROTEZIONI
Ma come cambierà la vita quotidiana dei pronto soccorso ai tempi dell’Ebola? Ieri, al vertice degli specialisti dell’emergenza con i dirigenti laziali della sanità Flori Degrassi e Alessio D’Amato, e il direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito, sono state date alcune indicazioni ferree. Prima di tutto: l’operatore del triage - l’infermiere che contrassegna con un codice il paziente che arriva in pronto soccorso - in caso di febbre alta (sopra i 38.6) ma anche di altri elementi come un viaggio negli ultimi 21 giorni dalle aree africane a rischio (Guinea, Liberia e Sierra Leone), dispone l’isolamento del paziente, gli fa fare un percorso protetto (gli stessi che furono usati per la Sars), gli fa indossare la mascherina, evita il contatto con altri malati. I medici e gli infermieri che tratteranno il paziente a rischio indosseranno grembiule isolante, doppi guanti, occhiali protettivi, visiera e copri scarpe. Se i sospetti saranno confermati il paziente sarà trasportato allo Spallanzani o negli altri due centri indicati dalla Regione (Gemelli e Umberto I). Se invece un cittadino con la febbre alta chiama il 118, l’operatore farà domande specifiche, per capire se ha visitato aree a rischio.
VOLI
Lo Spallanzani ha due ambulanze speciali in grado di trattare pazienti che potrebbero causare il contagio. Se l’allarme dovesse essere dichiarato dal centro medico dell’aeroporto Leonardo Da Vinci, comunque partirebbe subito la richiesta di aiuto allo Spallanzani. Ed è proprio negli aeroporti che aumenterà il livello dei controlli. Alessandro Lattanzi, responsabile della Sanità dello scalo romano: «Abbiamo adottato tutte le linee guida dell’Oms e del Ministero della Salute». Uno scenario: il comandante di un aereo ritiene che a bordo ci sia un passeggero che presenta sintomi sospetti (a partire dalla febbre) e lo comunica all’aeroporto di destinazione. A Fiumicino troverà le ambulanze ad alto bio-contenimento e la piazzola riservata. Qui sosterà l’aereo in attesa dei medici protetti dalle tute. Familiari o passeggeri seduti vicino al paziente giudicato a rischio Ebola saranno sottoposti a controlli sanitari: sarà misurata la febbre e, se servirà, saranno trasportati allo Spallanzani. Al Leonardo da Vinci - ora che la Nigeria sta uscendo dalla lista delle aree a rischio - non ci sono collegamenti diretti con paesi in cui è diffuso l’Ebola. Ma c’è l’incognita delle triangolazioni. Il paziente infetto potrebbe fare scalo in un altro aeroporto e sbarcare a Fiumicino (in linea teorica anche a Ciampino o in altri aeroporti minori italiani). Su questo il ministro Lorenzin ha spiegato: «Vogliamo adottare misure per rafforzare le procedure, per individuare eventuali soggetti a rischio di Ebola già prima dell’imbarco aereo dall’Africa. Il rischio che persone malate arrivino, invece, tra i migranti è molto basso».